Ancora due questioni sul credito d’imposta sulle locazioni
La nostra associazione utilizza in concessione una struttura pubblica per la quale paga (faticosamente) un canone al Comune, vorremmo sapere: – se per tale canone ci spetta il credito d’imposta locazioni – nel caso in cui spetti, deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi? come? nella dichiarazione di quale anno, quello nel quale è maturato il credito o quello nel quale viene utilizzato? Grazie
Il quesito del lettore ci porta ad approfondire ulteriormente quanto già illustrato in precedenti articoli (v. da ultimo Il credito d’imposta sulle locazioni per l’anno 2021), perché evidenzia come le discrepanze fra norma, applicativo web, Circolare e istruzioni alle dichiarazioni dei redditi facciano sorgere due questioni di non immediata risposta; e tuttavia soluzioni ragionevoli ci paiono possibili.
La spettanza del credito d’imposta
L’art. 28 del d.l. 34/2020 stabilisce che
“spetta un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività …”
È quindi pacifico che, anche se comunemente ci si riferisce a esso come “credito d’imposta locazioni”, il credito d’imposta in questione, come le riproposizioni di tale agevolazione per mesi successivi, spetta non solo per i canoni di locazione ma anche per i canoni di concessione.
Un serio dubbio nasce dal fatto che l’applicativo web per la cessione di tale credito richiede che vengano indicati gli estremi di registrazione dell’atto, e se questi estremi non vengono indicati il sistema non consente di proseguire con la comunicazione.
Poiché spesso le concessioni di spazi pubblici non sono assoggettate a registrazione, e la norma non richiede espressamente che il relativo contratto venga registrato, nel caso di concessione non registrata il credito spetta comunque o no? Ed esso, può o non può essere ceduto?
A nostro avviso non vediamo perché esso non spetti anche mancando la registrazione: l’agevolazione è prevista dalla legge, la registrazione non è obbligatoria né richiesta dalla legge, l’atto (al di là di essere stipulato con un ente pubblico, già non trascurabile garanzia di serietà) ha comunque data certa e quindi non sussiste il rischio di abusi o manovre fraudolente.
Più delicata è la questione della cedibilità, perché da un lato se il credito spetta, per il medesimo motivo deve essere cedibile, ma dall’altro il sistema non consente di perfezionarla tramite l’applicativo web, e indicare dati non reali solo per “far andare avanti la procedura” non ci pare una grande idea … Diciamo che la possibilità di cederlo esiste in linea di principio ma non nella pratica.
È un problema esistente, la soluzione non è certo facile, ma è decisamente secondario rispetto a quello della spettanza, quindi sinceramente, salvo casi particolarissimi, non è su quello che ci metteremmo a fare battaglie.
L’indicazione in dichiarazione dei redditi
La regola generale
Il credito in questione va indicato nella dichiarazione dei redditi nel quadro RU, relativo appunto ai crediti d’imposta usufruiti, e precisamente indicando:
– al rigo RU1, al campo 1, il codice H8
– al rigo RU5 l’ammontare del credito d’imposta spettante (per le asd – unica differenza rispetto alle ssd specificando nella colonna 1 il credito spettante in relazione all’attività commerciale)
– al rigo RU6 l’ammontare del credito utilizzato in compensazione
– al rigo RU7 l’ammontare del credito utilizzato in dichiarazione in diminuzione dell’IRES in acconto o a saldo, rispettivamente nelle colonne 4 o 5
– al rigo RU8, l’eventuale ammontare del credito di cui al rigo RU6 riversato, a seguito della rideterminazione dello stesso oppure a seguito di ravvedimento, nel periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione e fino alla data di presentazione della medesima
– al rigo RU9 il credito ceduto, da indicare anche nella sezione VI-B (“Crediti d’imposta ceduti”), righi da RU506 a RU510, indicando per ciascun cessionario nella colonna 1 ancora il codice H8, nella colonna 3 l’anno d’insorgenza del credito, nella colonna 4 il codice fiscale del cessionario, nella colonna 5 l’ammontare del credito ceduto
– al rigo nel rigo RU12, colonna 2, l’ammontare del credito residuo da riportare nella successiva dichiarazione.
I canoni pagati l’esercizio successivo
Fin qui tutto chiaro, il problema si pone per il credito derivante da canoni relativi a mesi a cui si riferisce la dichiarazione (quindi canoni 2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) ma pagati l’anno successivo (o gli anni successivi), perché:
– l’art. 28 del d.l. 34/2020 (e analoga dizione si trova nelle agevolazioni relativi ai mesi successivi) stabilisce che “Il credito d’imposta … è commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di …” quindi, come ben sappiamo, il credito spetta solo dopo che è avvenuto il pagamento (o la cessione al locatore)
– la Circolare 14/2020, relativamente al credito utilizzato direttamente, stabilisce che “il credito spettante e i corrispondenti utilizzi andranno indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale la spesa relativa ai canoni agevolabili si considera sostenuta, specificando sia la quota utilizzata in dichiarazione sia la quota compensata tramite modello F24”
– le istruzioni al Quadro RU indicano invece che “va indicato l’ammontare complessivo, comprensivo dell’importo di colonna 1, del credito d’imposta spettante con riferimento ai canoni di locazione e/o affitto relativi ai mesi agevolati ricadenti nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione”.
In sostanza, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare (nel caso di esercizio a cavallo si può porre ovviamente il medesimo problema), nel caso di canoni di locazione (o concessione) relativi al 2020 ma pagati nel 2021:
- secondo la legge, il credito sorge nel 2021
- secondo la circolare, va indicato nella dichiarazione relativa al 2021
- secondo le istruzioni, va indicato nella dichiarazione relativa al 2020.
E allora che fare?
Entrambe le soluzioni presentano pro e contro:
- la soluzione “2”, ovvero l’indicazione relativamente all’anno nel quale il credito, a seguito del pagamento, effettivamente sorge, è a nostro avviso più corretta; anche perché se il canone non verrà pagato mai, avremo indicato un credito mai spettante
- la soluzione “3”, ovvero l’indicazione nell’anno a cui si riferiscono i mesi che danno (anzi daranno, dopo il pagamento) diritto al credito d’imposta è meno corretta, ma rispetta le istruzioni ministeriali.
Personalmente suggeriremmo la soluzione “3” per una banale considerazione di prudenza:
- se è quella ritenuta corretta, siamo a posto
- se dovesse essere ritenuta non corretta, non avremmo fatto altro che anticipare una comunicazione, e nessuno ci potrà contestare, riteniamo, la tardività o l’omissione.
Certo, se chi ha scritto le istruzioni avesse letto la circolare ….