Sullo scarto dei contributi a fondo perduto

Siamo all’ennesimo aggiornamento, ed è un aggiornamento che non ci piace per nulla.

La questione dei contributi a fondo perduto, ex art. 25 del Decreto Rilancio ed ex art. 1 del Decreto Sostegni, già affrontata in precedenti interventi (si veda l’articolo: I contributi a fondo perduto: strada non facile per i sodalizi sportivi, e i due redazionali: L’A.d.E. chiede la restituzione dei contributi fondo perduto delle zone calamitoseIl contributo del Decreto Ristori nelle zone calamitose: un pasticcio antipatico con un lieto fine), si arricchisce quasi ogni giorno di novità, molte, purtroppo, negative.

L’ultima riguarda gli scarti delle istanze che stanno pervenendo a gran parte dei sodalizi in “regime 398”

I contributi “sospesi” per incoerenza coi dati presenti nell’anagrafe tributaria, sono stati ora scartati

Nel citato precedente articolo avevamo fra l’altro segnalato che un gran numero delle istanze dei sodalizi sportivi in “regime 398” era stato sospeso “per incoerenza fatturato-corrispettivi 2019“ e/o “per incoerenza fatturato-corrispettivi 2020” e/o “per assenza o incoerenza dichiarazione redditi 2019”, o dizioni simili.

Ciò deriva ovviamente e inevitabilmente dal fatto che i soggetti in regime 398:

  • sotto il profilo IVA sono esonerati sia dalla presentazione della dichiarazione annuale che delle Liquidazioni Periodiche;
  • sotto il profilo delle imposte dirette, che per la gran parte hanno esercizio non coincidente con l’anno solare e quindi i dati di raffronto fra 2019 e 2020 non possono essere desunti dalle dichiarazioni dei redditi.

È quindi ovvio che l’Agenzia non abbia i dati di raffronto.

In tale articolo suggerivamo di presentare all’Agenzia delle Entrate un’istanza di riesame esponendo e documentando i dati indicati nell’istanza e quindi la spettanza del contributo nell’importo richiesto.

Data la rilevanza e diffusione del problema erano poi comparsi sugli organi di stampa rassicurazioni da parte dell’Agenzia, nella quali essa dichiarava di essere consapevole del problema e di star cercando una soluzione.

La soluzione è stata finalmente trovata: a gran parte delle a.s.d. e S.s.d.r.l. con istanza sospesa sono state recapitate ricevute di scarto dell’istanza, tutte uguali e così motivate (si cita testualmente):

l’Agenzia delle entrate comunica il mancato riconoscimento del contributo richiesto in quanto risultano incoerenti i dati contabili indicati nell’istanza con le informazioni desumibili dalle”.

Il problema della motivazione è brillantemente risolto semplicemente dimenticandosi una frase (e magari prima di spedire migliaia di comunicazioni, tutte uguali, una lettura di controllo poteva essere opportuno farla…), ma la conseguenza dello scarto è che a questo punto la presentazione di una istanza di riesame da consigliata diviene obbligatoria, se si vuol mantenere aperto il discorso.

Tale scarto è pervenuto anche a chi aveva già presentato istanza di riesame a seguito della sospensione, di conseguenza non sappiamo:

  • se le motivazioni esposte nelle istanze di riesame presentate sono state ritenute insufficienti o comunque inaccoglibili;
  • o se semplicemente tali istanze non sono state nemmeno lette.

Ci auguriamo si sia verificata la seconda ipotesi, quindi invieremo ovvero reinvieremo la medesima istanza; se invece l’ipotesi corretta è la prima, non possiamo che attenderci, dopo lo scarto, il respingimento anche dell’istanza di riesame.

Cosa fare in caso di mancato accoglimento dell’istanza?

Qui purtroppo sorge un ulteriore, serio dubbio.

Ricordiamo, come illustrato nel precedente articolo più volte citato, che soprattutto per le S.s.d.r.l. in molti casi era stato chiesto il contributo calcolato non sui soli incassi commerciali ma sul totale degli incassi; l’Agenzia aveva sospeso o respinto la richiesta e in esito all’istanza di riesame erano pervenuti alle società e associazioni dei provvedimenti di non accoglimento, o di accoglimento solo parziale (solo per la parte commerciale) delle istanze.

In calce a tali provvedimenti era scritto: “Il presente atto è impugnabile davanti alla competente Commissione Tributaria, esclusivamente per vizi propri, in conformità ai principi in materia di impugnabilità del diniego di autotutela”, dizione decisamente sibillina… abbiamo quindi preso contatto con gli uffici legali di alcune sedi dell’Agenzia e ci è stato verbalmente confermato che a parere dell’Agenzia l’organo giurisdizionale competente a decidere sulla questione fossero effettivamente le Commissioni Tributarie.

Tale competenza non era a nostro avviso pacifica perché, se è vero che organo incaricato dell’erogazione dei contributi è l’Agenzia delle Entrate, non si tratta nemmeno in senso lato di materia fiscale. La dichiarazione dell’Agenzia pareva quindi risolvere un problema non facile.

Abbiamo scritto “pareva” perché contro alcuni dei provvedimenti con i quali era stata respinta l’istanza di riesame tale diniego di accoglimento è stato impugnato avanti la Commissione Tributaria; e qui il colpo di scena: le controdeduzioni dell’Agenzia esordiscono in questi termini:

In via preliminare ed assorbente si evidenzia l’inammissibilità del ricorso.
Per quanto concerne l’impugnabilità del diniego in autotutela, questo è ammissibile, come statuito dalla giurisprudenza di legittimità, per i soli vizi inerenti al corretto esercizio del potere di autotutela, non potendosi rimettere in discussione la fondatezza, in tutto o in parte, della pretesa tributaria e, nei casi di specie, del mancato riconoscimento del contributo”.

Questione ampiamente sviluppata, con dovizia di citazioni giurisprudenziali, per tre delle cinque pagine delle controdeduzioni.

La questione sta quindi in questi termini: se si confermerà il comportamento finora seguito dall’Agenzia e dovessero essere respinte le istanze di riesame, c’è il rischio che la Commissione Tributaria si dichiari incompetente a decidere, e sia necessario ricorrere alla giustizia ordinaria, presumibilmente quella amministrativa (Tribunale Amministrativo Regionale), con costi decisamente sproporzionati rispetto all’entità del contributo, nella maggior parte dei casi spettante nei minimi.

Siamo perfettamente d’accordo che se ci fosse effettivamente un dubbio sull’applicazione della norma, l’Agenzia ha il diritto, e il dovere, di far sì che la decisione venga rimessa a un organo giurisprudenziale. Ma se il problema non è la spettanza del contributo, bensì la pretesa di effettuare un raffronto con dati (LIPE e dichiarazioni IVA) che semplicemente non esistono, allora la questione è molto diversa.

Anche perché lo spirito della norma emerge chiarissimo dai commi 11 e 12 dell’art. 25 del d.l. 34/2020:

  • il comma 11 stabilisce che “Sulla base delle informazioni contenute nell’istanza di cui al comma 8, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall’Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario
  • il successivo comma 12 stabilisce che “Per le successive attività di controllo dei dati dichiarati si applicano gli articoli …. Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante … l’Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni”.

È chiara la lettera ed è anche chiaro l’intento che essa persegue, perché si tratta di una norma palesemente e dichiaratamente emergenziale ed era necessario decidere se privilegiare il rigore o la rapidità nell’aiutare chi ne è stato profondamente colpito:

  • si effettuano prima i controlli, onde evitare abusi, si attende l’esito dell’eventuale contenzioso, e solo dopo si eroga il contributo
  • o si effettuano solo controlli automatici e si eroga subito il contributo, rinviando a un momento successivo il controllo sostanziale?

La scelta è inequivocabilmente stata la seconda, e proprio alla luce di questo auspichiamo che l’Agenzia tenga in debito conto le istanze di riesame che quasi tutti saremo costretti a presentare: dover instaurare un contenzioso sarebbe devastante per i sodalizi sportivi, soprattutto, ovviamente, quelli di minori dimensioni.