Corsi di nuoto ed esenzione IVA

Dopo la risposta dell’Agenzia delle Entrate a un interpello in merito alla gestione dei corsi di nuoto in regime di esenzione IVA per attività didattica, cosa cambia per i corsi di nuoto? Molto, ma per pochi…

L’Agenzia delle Entrate ha negato l’esenzione: il problema però, ricordiamo, riguarda solo l’attività commerciale. Ma procediamo con ordine.

Il fatto e le sue conseguenze

Nella recentissima Risposta 393/2022, sul quesito di una a.s.d., l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, come indicato dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria, l’esenzione dall’imposta per lo svolgimento di attività didattica non è applicabile ai corsi di nuoto (e ai corsi sportivi in generale), il cui corrispettivo dovrà quindi essere assoggettato all’ordinaria aliquota IVA del 22%.

Le motivazioni sono le medesime sulla cui base è stata negata l’esenzione ai corsi di volo, di vela e alle lezioni delle scuole guida: non si tratta né di “insegnamento scolastico o universitario”, né di “corsi di formazione professionale”, come richiede l’art. 132 direttiva 2006/112/CE 1

La questione sta avendo grande eco su stampa e sui social, ma va sottolineato che essa riguarda solamente i corsi gestiti in modalità commerciale, non quelli gestiti come attività decommercializzata perché rivolta a soci o tesserati, che è la forma di gran lunga più comune.

Una presa di posizione importante, quindi, ma che interessa solo una piccola parte dei sodalizi.

La distinzione fra attività commerciale e decommercializzata, e l’esenzione IVA

La preoccupazione destata dalla notizia ci suggerisce di ricordare ciò che gli amministratori di società e associazioni sportive, e soprattutto quelli che gestiscono impianti, dovrebbero avere ben chiaro, ma che per alcuni forse così chiaro non è:

– se vengono rispettati determinati requisiti di legge 2i corrispettivi specifici riscossi per lo svolgimento di attività sportiva (iscrizione a corsi o competizioni, abbonamenti, ecc.), se corrisposti da soci della a.s.d./S.s.d. o comunque da tesserati per la Federazione, Ente di promozione o Disciplina associata a cui essa è affiliata, non sono considerati proventi commerciali, sono quindi al di fuori del campo IVA, e non rilevano ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP) a carico del sodalizio.

Una volta fatta questa fondamentale distinzione, ai (soli) proventi commerciali si applica l’ordinaria disciplina IVA: assoggettamento al tributo di tali proventi, con aliquota 22%.

La disciplina IVA individua però una serie di attività che,pur rimanendo commerciali, sono esenti dal tributo; fra esse “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni …”.

E questo è il punto affrontato dalla Risposta in esame: i corsi di nuoto possono essere considerati prestazioni educative o didattiche, e quindi fruire dell’esenzione IVA?

Alcune scuole nuoto federali, riconosciute come tali dalla FIN (e FIN è a questi fini “pubblica amministrazione”), hanno scelto questa strada, cioè:

– non necessariamente associare o tesserare i partecipanti ai propri corsi di nuoto, e quindi considerare commerciale l’attività svolta nei loro confronti

– considerare però tale attività esente IVA, e quindi comunque non assoggettare a IVA i corrispettivi percepiti per l’iscrizione ai corsi.

Chi ha scelto questa strada si trova ora in serie difficoltà, per due ordini di motivi, che esaminiamo qui di seguito.

Le conseguenze per chi operava in esenzione

Chi aveva scelto questa strada si trova ora ad affrontare due problemi.

Per il futuro, se vuole mantenere le quote di partecipazione ai corsi al di fuori dell’applicazione dell’IVA deve “spostare” la corsistica dalla sfera commerciale a quella decommercializzata, e si tratta di una modifica non di poco conto, soprattutto sotto l’aspetto amministrativo.

Inoltre, se in passato si è scelto di non percorrere la “strada maestra” della decommercializzazione, vi saranno stati dei motivi: certo quei motivi rimangono, a non si potrà non tenerne conto.

Per il passato, la risposta dell’Agenzia non è una disposizione nuova ma l’interpretazione di una disposizione esistente da sempre, e ha quindi effetto retroattivo.

Nel 2019, nella questione assolutamente identica delle scuole guida, la Risoluzione 79/2019 fu estremamente chiara nel sottolineare tale retroattività, dettando addirittura la procedura che esse avrebbero dovuto seguire per regolarizzare le annualità ancora accertabili.

In tale caso vi fu una vera e propria sommossa, con scioperi, interrogazioni parlamentari, polemiche di fuoco sui media, e venne emanata una disposizione ad hoc per sanare il passato, con una formulazione peraltro inevitabilmente assai confusa 3”: se si tratta di una pacifica interpretazione comunitaria, è ovvio che il singolo stato non può disapplicarla, nemmeno temporaneamente; quantomeno in forma esplicita …

Sia perché il numero dei soggetti interessati è nettamente più limitato, sia perché sono sicuramente meno organizzati e “agguerriti” delle scuole guida, escludiamo che in questo caso vi possa essere una “sommossa” come nel 2019; di conseguenza, o verrà riproposta o ritenuta applicabile analogicamente la disposizione ad hoc del 2019, o eventuali controlli sui sodalizi che hanno scelto questa strada potrebbero avere conseguenze molto serie.

Se si è optato per il regime di cui alla legge 398/91 sarà dovuto il versamento solo del 50% dell’IVA, se si è in regime ordinario potrà essere parzialmente detratta l’imposta assolta sugli acquisti, ma comunque, se la mole di attività è consistente e considerando che la contestazione probabilmente riguarderà più anni, le somme dovute potrebbero essere assai rilevanti.

1. Fra altre, la Risposta cita la sentenza causa C-373/19, nella quale si afferma che “l’insegnamento del nuoto, impartito da una scuola di nuoto nei confronti principalmente di bambini e diretto all’apprendimento delle basi e delle tecniche della disciplina del nuoto, presenti un’indubbia importanza e persegua un obiettivo di interesse pubblico, esso costituisce comunque un insegnamento specialistico ed impartito ad hoc, che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario“.
Sempre in tale sentenza si legge che l’articolo 132 della direttiva deve riferirsi a “un sistema integrato di conoscenze e competenze avente ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché all’approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte degli allievi e degli studenti” e, conseguentemente, “la nozione di insegnamento scolastico o universitario , ai sensi dell’articolo 132, paragrafo1, lettere i) e j) della direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende l’insegnamento del nuoto impartito da una scuola di nuoto“.

2. I requisiti di legge sono:
Essere rette da uno statuto che preveda i requisiti statutari richiesti dalla legge (divieto di scopo di lucro, anche indiretto, democraticità della struttura, redazione del bilancio, uniformità del rapporto associativo,  sovranità delle assemblee dei soci e corretta convocazione e tenuta delle stesse, non temporaneità della qualifica di socio e non trasferibilità della stessa, devoluzione ai fini sportivi  del patrimonio sociale in caso di scioglimento del sodalizio)
Rispettare, in concreto, le previsioni statutarie (con particolare riferimento alle procedure di acquisizione della qualifica di socio ed alla corretta convocazione delle assemblee)
Avere registrato lo statuto all’Agenzia Entrate
Avere inviato all’Agenzia delle Entrate il Modello EAS

3. Art. 32, III comma, del D.L. 124/2019: “Sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente articolo, per effetto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 14 marzo 2019, causa C-449/17.