Dall’Agenzia delle Entrate due risposte sui compensi sportivi

Come noto, fra le particolari agevolazioni fiscali di cui godono le associazioni e società sportive dilettantistiche particolarmente importante è  la possibilità di erogare “rimborsi forfetari, indennità di trasferta, premi e compensi” a soggetti che svolgono attività in loro favore “nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” e nell’ambito di “collaborazioni coordinate e continuative di tipo amministrativo-gestionale di natura non professionale”, importi che costituiscono redditi diversi ai sensi dell’art. 67 lett. m) del T.U.I.R.

La questione è stata recentemente oggetto di una lunga serie di sentenze della Corte di Cassazione (che sono state diffusamente esaminate in questo articolo di B. Stivanello: La Cassazione frena sui compensi sportivi e “anticipa” la riforma e nel precedente ivi citato), nelle quali sono stati fissati “paletti” molto chiari e rigorosi per definire correttamente quali ne siano i requisiti soggettivi e oggettivi, ed è quindi di particolare attualità.

L’argomento dei compensi sportivi è disciplinato in modo radicalmente diverso dal d.Lgs. 36/2021, nell’ambito della riforma dello sport; anche questo è argomento di cui abbiamo diffusamente trattato, ma si tratta di disposizioni non ancora in vigore e delle quali quindi non ci occuperemo in questa sede.

Le risposte che commenteremo affrontano due questioni specifiche, una che era pacifica da sempre, l’altra invece più delicata:

– la Risposta 190 si occupa della possibilità di corrispondere compensi sportivi a soggetti non in possesso di una qualifica specifica né tesserati, dando risposta sostanzialmente positiva

– la Risposta 189, alla domanda se possano rientrare nella fattispecie agevolata i compensi a custodi, giardinieri e addetti alle pulizie, dà risposta negativa.

L’excursus su normativa e prassi di riferimento

Entrambe le risposte ripercorrono le fonti di normativa e prassi sull’argomento, in modo chiaro e completo, che ci piace quindi ricordare in questa sede.

L’Agenzia in primo luogo richiama la “norma base”, ovvero l’articolo 67, comma 1, lettera m), del T.U.I.R., che per quanto qui ci interessa inquadra tra i redditi diversi “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi … erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” e che tale disciplina “si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale”.

A tali importi si applica il regime fiscale agevolativo dettato:

– dall’articolo 69, comma 2, dello stesso Testo unico: non imponibilità fino a 10.000 euro

– e dall’articolo 25, comma 1, della legge 133/1999: ritenuta del 23% più le addizionali regionali e comunali sull’importo eccedente; ritenuta che è d’imposta fino a 30.658,28 euro (che dopo oltre vent’anni abbiamo ancora importi convertiti da lire a euro non ci piace molto, ma tant’è…), d’acconto sulla parte eccedente.

Per inciso: la Risposta non menziona, non rientrando nelle sue competenze, l’esonero da qualsiasi carico contributivo, che è agevolazione di portata nettamente superiore, sulla quale interviene la riforma sullo sport ed è il terreno sul quale si stanno scontrando violentemente tutti i soggetti in qualche modo coinvolti.

L’Agenzia prosegue richiamando la Risoluzione 34/2001, che aveva preso una posizione ben chiara sul contenuto dell’art. 67, affermando che “con l’espressione «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» il legislatore ha voluto ricondurre nel regime agevolativo in argomento «i compensi corrisposti ai soggetti che partecipano direttamente alla realizzazione della manifestazione sportiva a carattere dilettantistico»“.

Proseguendo, l’Agenzia ricorda che tale interpretazione restrittiva è poi stata superata dall’art. 35, comma 5, del d.l. 207/2008, che con una norma di interpretazione autentica ha chiarito che “Nelle parole «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» contenute nell’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi … sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.

Tale disposizione è stata recepita dalla Risoluzione 38/E del 17/5/2010, nella quale è stato espressamente scritto che “il regime di favore trova applicazione anche nei confronti di soggetti che svolgono le attività di formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica, ossia di soggetti che non svolgono un’attività durante la manifestazione, ma rendono le prestazioni indicate (formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica) a prescindere dalla realizzazione di una manifestazione sportiva”.

Passando dai requisiti oggettivi a quelli soggettivi, le Risposte proseguono richiamando la lettera circolare del 1° dicembre 2016, con la quale l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha chiarito che essi sono essenzialmente due:

1 – l’associazione/società sportiva dilettantistica deve essere riconosciuta dal Coni attraverso l’iscrizione nel registro delle società sportive
2 – il percettore dei compensi deve svolgere mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni
”.

La risposta 190: possono essere corrisposti compensi sportivi a soggetti non in possesso di una specifica qualifica né tesserati?

La domanda è posta da una società sportiva dilettantistica affiliata al CSI, in relazione ai compensi corrisposti per “prestazioni in ambito didattico (sportivo), nonché per l’assistenza alle atlete in occasione di allenamenti e di competizioni”. Essa chiede se per avvalersi delle agevolazioni in esame i collaboratori debbano essere in possesso di apposito diploma e/o qualifica sportiva e/o se debbano essere tesserati a un ente riconosciuto dal CONI.

Sotto il profilo fiscale, l’Agenzia afferma che

le somme che la Società corrisponde ai propri collaboratori per lo svolgimento diretto delle discipline sportive dalla stessa organizzate, sia per prestazioni in ambito didattico (sportivo) che per l’assistenza alle atlete in occasione di allenamenti e di competizioni, possano essere ricondotte alla previsione normativa di cui alla lettera m), comma 1, dell’articolo 67 del TUIR a condizione, altresì, che le mansioni da questi svolte rientrino tra quelle indicate come necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche dai regolamenti e dalle indicazioni fornite dalla Federazione italiana pallavolo”.

E prosegue precisando che

la verifica di eventuali ulteriori requisiti richiesti dalla Federazione pallavolo per lo svolgimento delle mansioni in parola, in termini di caratteristiche soggettive – quali, ad esempio, essere in possesso di apposito diploma e/o qualifica sportiva o essere tesserati ad un ente del CONI – attiene ad aspetti che non possono essere valutati nell’ambito dell’istituto dell’interpello”.

In linea generale, per quanto interessa quindi l’insieme dei lettori di questa newsletter, i principi affermati sono chiari e sostanzialmente condivisibili:

– la possibilità di corrispondere compensi sportivi non è legata al possesso di specifiche qualifiche né del tesseramento

– le mansioni svolte debbono essere comprese fra quelle indicate come necessarie dalla Federazione di riferimento.

Passando però al caso specifico oggetto del quesito non possiamo non evidenziare due questioni di non poca importanza:

– nel quesito pubblicato, l’istante dichiara di essere affiliata al CSI e non indica di quale disciplina si occupa, il riferimento alla Federazione Italiana Pallavolo è quindi o un refuso, o si basa un una parte di quesito che non è stata pubblicata

– non ci risulta che CSI abbia pubblicato un elenco delle mansioni necessarie per lo svolgimento dell’attività sportiva da parte delle sue affiliate, ma né l’elenco della FIPAV né quello dello CSEN e di altri Enti o Federazioni, spesso molto ampi, ci pare possano ricomprendere l’attività di “assistenza alle atlete in occasione di allenamenti e di competizioni” (indubbio è invece il caso delle prestazioni in campo didattico).

La risposta 189: possono essere corrisposti compensi sportivi a custodi, giardinieri e addetti alle pulizie?

La società istante chiede se possano essere corrisposti compensi sportivi “al personale che si occuperà delle mansioni di custodia e pulizia del palazzetto, cura del giardino del palazzetto

Dopo il lungo excursus su normativa e pressi, di cui abbiamo detto sopra, l’Agenzia solleva dubbi sulla connessione fra le prestazioni e lo svolgimento dell’attività sportiva:

le prestazioni descritte non sembrano strettamente connesse e necessarie allo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche dell’ASD Istante”, per poi affermare che “che i compensi che essa intende corrispondere ai custodi, agli addetti al giardino del palazzetto e agli addetti alle pulizie non siano riconducibili alla previsione normativa di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR”.

Al di là della condivisibilità o meno della conclusione, ciò che lascia perplessi è il ragionamento che essa compie per collegare tali due parti della risposta, ragionamento che riportiamo testualmente:

In linea con i più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità (cfr. fra le altre, Corte di Cassazione …), ferma restando la verifica delle altre condizioni quali, tra l’altro, che il percipiente non svolga l’attività con carattere di professionalità, la sussistenza del requisito che la prestazione non sia collegata all’assunzione di un obbligo personale diverso da quello derivante dal vincolo associativo determina la possibilità di applicare la disposizione di cui al citato articolo 67”.

La prima parte è sufficientemente comprensibile: si richiama la recente giurisprudenza della Suprema Corte, della quale si sottolinea che uno dei requisiti soggettivi per poter fruire del regime agevolato è che il percipiente non svolga l’attività con carattere di professionalità; come espressamente richiede il primo periodo dell’art. 67: “Sono redditi diversi … se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni”. Si tratta di un requisito presente da sempre, di non facilissima applicazione, e purtroppo spesso sottovalutato se non addirittura ignorato da molti sodalizi: da qui la copiosa giurisprudenza in merito e la necessità e importanza delle precisazioni della Suprema Corte.

Di più difficile “decodificazione” ci pare invece la seconda parte, che una volta “rigirata” per renderla leggibile suona così: per poter applicare l’art. 67 è necessario che “la prestazione non sia collegata all’assunzione di un obbligo personale diverso da quello derivante dal vincolo associativo”; ci pare quindi doveroso esaminarla con attenzione.

Dopo aver dettagliatamente esposto la normativa e prassi di riferimento l’Agenzia infatti non ne deriva la conclusione, come fa la Risposta 190: la Circolare dell’Ispettorato del Lavoro richiede che si tratti di mansioni “necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche”, come “certificato” dalla Federazione di appartenenza, nessun elenco di mansioni prevede tali figure, quindi l’agevolazione non spetta 1.

L’Agenzia introduce invece elementi completamente nuovi e non presenti nella normativa e prassi citate, sostenendo che per poter corrispondere i compensi sportivi è necessario che il collaboratore abbia con l’associazione un “vincolo associativo” e non vi sia “l’assunzione di un obbligo personale”.

Ci pare che tali affermazioni possano essere lette in due modi diametralmente opposti.

Se le riteniamo applicabili alla generalità delle collaborazioni con i sodalizi sportivi, non possiamo che rilevare il sopravvivere di una concezione del mondo sportivo e dell’associazionismo in generale completamente “romantica” e slegata dalla realtà, nella quale collaboratori dell’associazione sono i soci stessi, che di loro iniziativa, per puro spirito volontaristico prestano la loro opera, senza alcuna contropartita e senza alcun impegno.

E se si pensa che chi ha posto la domanda è un’associazione che sta per prendersi l’impegno di gestire non una pesca di beneficienza ma un palazzo dello sport, e vuole fare i conti per vedere se è in grado di sostenere economicamente un impegno di tali dimensioni, se questo è l’approccio dell’Agenzia siamo decisamente preoccupati.

Se invece tali affermazioni sono riferite ai casi specifici trattati, allora non si tratta di una chiusura, ma di una interessante, e condivisibile, apertura: posto che le figure del custode, dell’addetto alle pulizie e del giardiniere non hanno con l’attività sportiva un rapporto di specificità tale da consentire la corresponsione dei “compensi sportivi” ex art. 67, lettera m, del T.U.I.R., esse vi possono comunque rientrare qualora tali compiti vengano svolti non in forza di un incarico “lavorativo” ma nell’ambito di un rapporto associativo (l’associato che nella vita fa altro ma che si rende disponibile quando può a dare il proprio contributo in tali servizi, e per tale attività percepisce un rimborso spese, un piccolo compenso).

Se fosse questa seconda, la posizione dell’Agenzia, non possiamo che essere d’accordo; ma quale delle due letture delle affermazioni dell’Agenzia sia quella corretta, non ci pare facile da individuare.

Infine, la nostra opinione sul problema esposto nel quesito.

Poiché l’applicazione delle norme agevolative richiede estremo rigore ed esclude ogni forma di interpretazione analogica ed estensiva, in linea di principio riteniamo che sia assai rischioso avvalersi dei compensi ex art. 67 T.U.I.R. per le figure del custode, dell’addetto alle pulizie e del giardiniere, salvo il caso di soci che si prestano a svolgere tali mansioni per mero spirito associativo e se riteniamo che sia questo ciò che l’Agenzia ha voluto dire nella Risposta 189.

Riteniamo però che la situazione sia diversa, e che quindi anche per tali attività possano essere corrisposti i compensi sportivi, nei casi in cui si possa dimostrare che esse avevano invece uno stretto legame con l’attività sportiva; ci pare sostenibile la “sportività”, p.es.:

– di chi custodisce le strutture installate all’esterno per una specifica manifestazione sportiva (transenne, tribune, striscioni pubblicitari, ecc.)

– di chi pulisce il campo di gara dopo una manifestazione sportiva (dopo una maratona o una manifestazione ciclistica su strade aperte al pubblico, un teatro dopo una gara di danza sportiva, ecc.)

– del giardiniere che risistema il parco pubblico dopo una manifestazione sportiva all’aperto.

Sempre che, ovviamente, il collaboratore non operi nell’esercizio di attività di impresa o lavoro autonomo.

  1. In effetti l’unico elenco che comprende una delle figure in questione è quello della Federazione Italiana Golf, che prevede gli “Addetti al campo durante le gare o durante gli allenamenti”, che comprendono il “Manutentore: aiutante del greenkeeper o del superintender nello svolgimento di tutte le attività svolte all’interno della struttura (tagliare l’erba, rastrellare bunker, potare siepi e alberi, pulire i cestini, trattamenti fitosanitari)”, ma si tratta di una disciplina ben specifica, nella quale la manutenzione del manto erboso riveste un ruolo fondamentale: il ruolo del manutentore del giardino fuori dal palazzetto ci pare decisamente diverso.[]