Soppresso l’art. 108 della Legge di Bilancio: nulla cambia per l’IVA dei sodalizi sportivi

Parliamo di una norma che avrebbe potuto essere legge e che invece non esiste; non perderemo ulteriore tempo in commenti ma un paio di osservazioni meritano di essere fatte

In un lungo articolo uscito a metà novembre 2020 su Fiscosport.it avevamo approfondito l’esame di questa disposizione, presente nelle bozze della Legge di Bilancio all’art. 108 (prima art. 99 e poi 103) e successivamente soppressa a seguito di un emendamento. A quel contributo rinviamo per una trattazione più scientifica: qui, in sede di epitaffio, saremo ben più sintetici e meno scientifici.

L’art. 108 modificava il trattamento IVA dei corrispettivi specifici da soci e tesserati, che non erano più “fuori campo IVA” ma divenivano esenti. Ciò:

– non comportava alcuna conseguenza sotto il profilo sostanziale, dato che non erano comunque assoggettati a IVA e l’IVA sugli acquisti rimaneva indetraibile

– mentre, sotto il profilo degli adempimenti, costringeva ad aprire una partita IVA tutte le a.s.d. che percepiscono solo quote associative e tali corrispettivi specifici, e che oggi, operando interamente fuori campo IVA, possono avere il solo codice fiscale.

Questo aggravio di adempimenti per le a.s.d. ha generato una levata di scudi da parte dei rappresentanti del mondo associativo, tanto alta da far togliere la disposizione dal testo definitivo.

Nell’articolo citato abbiamo scritto che questo aggravio di adempimenti non ci pareva poi così terribile: poiché la disposizione era esplicitamente motivata dalla presenza di una procedura di infrazione in sede comunitaria a carico dell’Italia, ci pareva che il sacrificio non fosse sproporzionato. Ma tant’è.

Molta meno rilevanza (a parte nel nostro articolo) è stata data alle altre due modifiche che la disposizione introduceva, sulle quali ci pare opportuno spendere due parole, e che fanno gioire anche noi dell’eliminazione dal testo definitivo.

La prima, nel rispetto proprio della normativa comunitaria che vieta questo genere di distinzioni, è che per fruire dell’esenzione non era più necessario che le prestazioni fossero a favore di soci o tesserati.

La conseguenza pratica era che non sarebbe stato più necessario tesserare chi usufruiva delle prestazioni sportive: un piccolissimo risparmio per le famiglie (qualche euro l’anno), un danno grave per le federazioni sportive e soprattutto gli enti di promozione. A noi non pareva un fatto positivo, perché al di là di ogni altra considerazione, gli enti di promozione svolgono una funzione importante, in un Paese nel quale il settore pubblico per lo sport riesce a fare ben poco, ma ognuno avrà la sua opinione.

La seconda modifica, non necessaria perché sul punto la normativa europea lascia libertà agli Sati membri, era il requisito, per poter fruire dell’esenzione, di “non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA”, e questo ci preoccupava molto, moltissimo.

Non è questa la sede per discuterne, ma:

– togliere l’agevolazione principale a soggetti che “coprono” la quasi totalità del mercato, per tutelare i pochissimi che vi operano con modalità “commerciali”

– quando questi pochi soggetti sono spesso multinazionali straniere

– e con una disposizione che lascia spazio a interpretazioni molto diverse, caso per caso, senza dare parametri di riferimento

non appare affatto una buona soluzione

In sostanza, “lavorandoci su” avrebbe potuto anche essere una buona modifica, che avrebbe permesso di allinearci con le prescrizioni comunitarie e di evitare conseguentemente una serie di problemi; ma non vi è dubbio che, a leggere il testo così come era stato proposto nelle bozze, è molto meglio che la disposizione sia stata eliminata.

[Articolo pubblicato su Fiscosport.it]