Insegnanti di Sport: fuga dal CONI

Gli adempimenti sempre più impegnativi a carico delle a.s.d. e i rilevanti vantaggi del regime forfetario stanno portando alla chiusura di molte a.s.d. non votate all’agonismo, e all’apertura di posizioni IVA da parte degli istruttori. E la cosa non ci dispiace.

In primo luogo chiariamo cosa intendiamo con “insegnanti di sport”: istruttori in discipline sportive non agonistiche, di alcune delle quali diversi commentatori mettono in dubbio anche la stessa “sportività”, quali yoga, Pilates, Feldenkrais, calistenico, in parte danza, personal trainers, e dintorni.

Un numero rilevante e in crescita di soggetti, la cui attività è insegnare a singoli o piccoli gruppi come praticare tali discipline, o più precisamente come imparare tali metodologie di allenamento e trarne il massimo beneficio, nella stragrande maggioranza dei casi non in termini di risultati agonistici ma di conseguimento di risultati personali, di condizione fisica, di benessere.

Trascuriamo in questa sede l’analisi di se e quali di tali metodologie di allenamento siano presenti nell’elenco CONI delle discipline sportive direttamente (la danza, unica fra quelle menzionate) o appunto come metodologia all’interno delle ben note “categoria contenitore”: “Attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al fitness”, “attività con sovraccarichi e resistenze finalizzate al fitness e al benessere fisico”, “Attività ginnico-motorie acquatiche applicative alle discipline del nuoto”.

Ai fini della presente analisi lo daremo per scontato, come per scontato daremo il rispetto, nel caso di a.s.d. e s.s.d., dei requisiti statutari e di effettivo svolgimento dell’attività per poter fruire della particolare normativa fiscale di favore per il settore sportivo.

1. Le a.s.d. e le loro problematiche

Fino a poco tempo fa, modalità tipica di svolgimento di tale attività di istruttore/insegnante era prestare la propria attività a favore di a.s.d., con corresponsione agli insegnanti dei compensi ex art. 67 T.U.I.R..

Come ben sappiamo ciò consente, in estrema sintesi, il non assoggettamento a IVA dei corrispettivi riscossi perché appunto riscossi dalla a.s.d. all’interno della propria attività istituzionale, e la possibilità di non assoggettare i compensi agli istruttori a prelievo contributivo.

A ciò, sotto il profilo amministrativo, si aggiungeva la possibilità di svolgere la propria attività (più correttamente: di prestare la propria opera a favore di un soggetto, la a.s.d., che può operare) in ogni tipologia di locali (salve ovviamente le prescrizioni sanitarie) qualora la a.s.d. fosse anche A.P.S. (eventualità che si verificava assai spesso, essendo quasi tutti gli enti di promozione sportiva anche A.P.S.).

Ben noti erano anche i lati negativi, fa i quali:

– il rischio, soprattutto per compensi non marginali, di contestazioni sulla qualificazione dei compensi all’interno dell’art. 67 lettera “m”

– al crescere dei compensi, un carico fiscale non irrilevante

– non trattandosi di redditi da lavoro, l’assenza di una qualsiasi copertura previdenziale

– l’estrema difficoltà, per l’istruttore, di gestire rapporti diretti con i soci/tesserati/clienti, nonché con eventuali strutture non sportive dilettantistiche.

Oltre a ciò, in capo all’a.s.d.:

– la necessità di rispettare una serie di prescrizioni spesso non poco costose: in primo luogo il certificato medico obbligatorio e il defibrillatore

– il già menzionato rispetto dei requisiti statutari e di effettivo svolgimento dell’attività (convocazione e verbalizzazione delle assemblee, redazione e approvazione del rendiconto, nomina e rinnovo degli amministratori, ecc.)

– la gestione dei rapporti con l’ente affiliante e la gestione dei tesseramenti

adempimenti che, facendo sorgere non trascurabili costi aggiuntivi, influivano a volte pesantemente sulle disponibilità residue, appunto, per il pagamento degli istruttori.

2.  Gli elementi nuovi

Recentemente a tali elementi se ne sono aggiunti altri, di non poco conto:

– il nuovo regime forfetario per le persone fisiche titolari di partita IVA ha soglie più alte, minori cause di esclusione e un trattamento fiscale, non appena si raggiungono livelli di reddito di una minima rilevanza, nettamente migliore di quello degli stessi compensi sportivi;

e, per quanto riguarda le a.s.d. che si avvalgono dell’opera degli istruttori:

– con il nuovo regolamento del registro CONI gli adempimenti da rispettare sono notevolmente aumentati

– al momento di entrata in vigore della nuova disciplina del terzo settore, il problema del coordinamento di tale disciplina con quella attualmente usufruita dalle a.s.d. (in particolare gli artt. 67 e 148 del T.U.I.R. e la Legge 398/91) non è di facile soluzione: mantenere la qualifica di A.P.S. ai fini dell’agevolazione sul luogo di svolgimento dell’attività potrebbe creare limiti e/o difficoltà nell’avvalersi delle agevolazioni stabilite per le a.s.d.

Ciò considerato, la valutazione di convenienza fra le due modalità di svolgimento dell’attività, come collaboratore di un sodalizio sportivo dilettantistico in regime di “compensi sportivi” ex art. 67 T.U.I.R. o come professionista titolare di partita IVA in regime forfetario, quantomeno all’interno di una non piccola fascia dimensionale, si è probabilmente spostata a favore del secondo inquadramento.

Ipotizziamo qui di seguito quale potrebbe essere la fascia dimensionale in questione, sottolineando che quelli che faremo debbono essere considerati ragionamenti teorici, per identificare i principi generali in base ai quali dovrà essere effettuata la scelta, scelta che nella realtà dovrà invece essere effettuata caso per caso, perché ognuno di essi può avere peculiarità che spostano anche notevolmente i termini della questione.

3.  Livelli modesti di attività, con compensi marginali: a.s.d.

In linea generale, se l’attività viene svolta con un impegno temporale ridotto, e conseguentemente compensi marginali, l’inquadramento come collaboratore sportivo di una a.s.d. rimane probabilmente la scelta migliore.

La struttura associativa consente a più istruttori di raggiungere, assieme, “massa critica” per ottimizzare buona parte delle spese, mentre:

– il prelievo fiscale è di norma nullo o minimo (difficilmente si supera la soglia dei 10.000 euro)

– la modestia dei compensi fa sì che il prelievo contributivo da un lato ridurrebbe ulteriormente entrate già scarse, dall’altro contribuirebbe ben poco alla tutale previdenziale del soggetto; di conseguenza, il non esservi assoggettati è vantaggio di non poco conto.

Infine, quantomeno fino all’entrata in vigore della nuova normativa sul Terzo Settore cui abbiamo già accennato sopra, la qualificazione della a.s.d. come A.P.S. risolve il problema della necessità di locali che rispettino determinati requisiti.

4.  Realtà di dimensioni consistenti, strutturate: s.s.d.

La questione è ancora più semplice per le realtà di dimensioni più rilevanti, nelle quali operano presumibilmente più istruttori, alcuni come effettiva fonte di reddito principale, altri con impegno, e proventi, nettamente inferiori, e quindi:

– la struttura associativa, o molto meglio quella societaria, consente non tanto di sfruttare indubbie economie di scala, quanto soprattutto di fare investimenti, realizzare sinergie interne, offrire sul mercato una vasta gamma di opzioni, ben più difficili da realizzare e gestire da un gruppo di professionisti indipendenti, ancorchè “consociati” e coordinati

– i singoli collaboratori potranno liberamente scegliere con che modalità inquadrare il loro rapporto con la struttura: compensi sportivi ex art. 67 T.U.I.R. o attività di lavoro autonomo.

La struttura societaria, o cooperativa, rende più semplici anche la gestione delle collaborazioni fra istruttori, dal meccanismo delle sostituzioni in caso di necessità, alla ripartizione di compiti e proventi nei corsi gestiti da più di un insegnante.

Se la struttura richiede investimenti, anche la responsabilità limitata è elemento da non trascurare.

Infine, date le dimensioni, alcuni costi fissi (dal defibrillatore alle spese per l’adeguamento dei locali alle norme igienico-sanitarie) vengono gestiti da un soggetto societario e non ripartiti uno per uno pro quota, nonché spalmati di entrate più rilevanti e hanno quindi un’incidenza minore.

5.  Le posizioni intermedie: la “fuga dal CONI”

L’apertura di partite IVA individuali potrebbe effettivamente essere la scelta più opportuna.

Se nelle realtà piccole e grandi il collaborare con una struttura collettiva, sia essa una associazione, una società o una cooperativa, rimane probabilmente la modalità più conveniente di svolgimento dell’attività, il discorso può essere diverso nella fascia intermedia fra i due estremi descritti qui sopra:

– insegnanti che svolgono la loro attività come esclusiva o prevalente fonte di reddito

– compensi ben raramente sopra i 65.000 euro

– bacino di utenza non ampio che quindi non richiede, né consente, la presenza di svariati insegnanti e di una vasta offerta di servizi

– non rilevante incidenza delle spese e quindi convenienza o quantomeno ragionevolezza della detrazione forfetaria ai fini della determinazione del reddito imponibile

– forte “intuitu personae” della clientela, che non si rivolge alla scuola ma all’insegnante.

In questa situazione l’istruttore ha anche, di norma, disponibilità, in un’ottica di lungo periodo, a versare contributi, per costruire una pensione per quando finirà quella che effettivamente è la sua attività lavorativa.

Senza entrare nei dettagli, dei quali ci potremo occupare in un prossimo intervento, aprendo la posizione come lavoratori autonomi con ogni probabilità si risolve anche la questione dei locali potendo, quale professionista, probabilmente esercitare l’attività ovunque.

Ci risulta che in alcune località venga accettato anche l’inquadramento come artigiani; ciò pone maggiori vincoli per i locali, ma potrebbe presentare altri lati positivi (agevolazioni specifiche, ecc.): a maggior ragione è ovviamente indispensabile analizzare con attenzione ogni singola situazione pratica.

Il non assoggettamento a IVA dei corrispettivi riscossi, in applicazione appunto del regime forfetario, consente un risparmio sia quando essi operano nei confronti dei clienti finali, sia quando operano nei confronti di soggetti sportivi dilettantistici, che non recupererebbero tale imposta.

6.  In conclusione …

In conclusione, da anni sottolineiamo la necessità di valutare con attenzione se siamo in presenza di lavoratori o di figure marginali/ibride:

– se siamo nella seconda ipotesi, ben vengano i compensi sportivi, che sono stati istituiti proprio perché nel settore sport queste figure sono frequenti, anzi certamente prevalenti: come non avrebbe senso far pagare i contributi all’arbitro o al guardalinee dei campionati minori di calcio (figure per le quali la norma venne istituita, decenni fa), non ha senso farlo per lo studente, l’appassionato, chi dedica allo sport il suo tempo libero

– ma se siamo in presenza di lavoratori, spesso a tempo pieno, che intendono dedicare a questa attività un periodo non breve, allora corretto è inquadrarli appunto come lavoratori, dipendenti o più frequentemente autonomi, con i conseguenti diritti/doveri, in primo luogo quelli previdenziali.

E se le recenti novità di cui abbiamo detto sopra, dai nuovi adempimenti CONI all’allargamento della platea di soggetti che posso avvalersi del regime forfetario, stanno spingendo sempre più persone a scegliere tale più corretto inquadramento, ben vengano!

[Pubblicato su Fiscosport.it]