L’Aiuto alla Crescita Economica: una agevolazione da non trascurare per le S.r.l. e le Cooperative sportive dilettantistiche

In occasione della prossima scadenza dei termini per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, ricordiamo che anche le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche possono usufruire dell’A.C.E. (Aiuto alla Crescita Economica): non si tratta di grandi cifre, ma è comunque un’opportunità che potrebbe essere interessante.

Questo articolo è suddiviso in due parti: la prima è destinata sia agli amministratori delle società di capitali sportive sia ai loro consulenti; mentre la seconda parte, dal par. 3 in poi, si presenta decisamente più “tecnica”, e quindi … gli amministratori possono anche delegarne la lettura ai professionisti che li seguono!

1.  Cos’è l’A.C.E.?

L’Aiuto alla Crescita Economica è stato istituito dall’art. 1 del D.L. 6/12/2011 n. 201 e regolamentato nel dettaglio dal D.M. 14/3/2012, sostituito dal recente D.M. 3/8/2017.

Lo scopo della disposizione è incentivare l’incremento del capitale proprio delle imprese, “premiando” gli aumenti di capitale e il reinvestimento degli utili.

Il meccanismo è semplice:

  •  viene calcolato l’incremento del capitale proprio rispetto al quello (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) esistente al 31/12/2010
  •  viene calcolato il c.d. “rendimento nozionale” di tale maggior capitale proprio, moltiplicandolo per un coefficiente di rendimento stabilito dalla Legge
  •  prima del calcolo delle imposte, viene detratto dal reddito imponibile tale rendimento nazionale.

Un esempio numerico rende più esplicita la descrizione e dà un’idea dell’entità delle somme in gioco:

a) la Società ha al 31/12/2010 un capitale sociale di 10.000 euro e riserve accantonate dagli esercizi precedenti (escluso quindi l’utile 2010) per 15.000 euro; quindi un capitale proprio di 25.000 euro

b) nel 2013 viene effettuato un aumento di capitale, interamente sottoscritto e versato, per 20.000 euro

c) negli anni dal 2010 al 2016 la Società consegue utili per 5.000 euro annuali, che non distribuisce

d) il bilancio 2016 evidenzia quindi:

  •  capitale sociale 30.000 euro
  •  riserve di utili pari ai 15.000 euro al 31/12/2010, più gli utili dal 2010 al 2015 (5.000 euro X 6 = 30.000) sempre accantonati, e quindi riserve per 45.000 euro
  •  di conseguenza, il suo capitale proprio è salito da 25.000 a 75.000 euro: 50.000 euro di incremento

d) nella dichiarazione dei redditi per il 2016:

  •  viene calcolato il rendimento nozionale di tale incremento, moltiplicandolo per la percentuale stabilita dalla legge per il 2016, che è del 4,75%; si ottiene quindi l’importo di 2.375 euro
  •  in sede di calcolo dell’IRES dovuta per il 2016, invece che su 5.000 euro, essa sarà calcolata su 5.000 – 2.375 = 2.625 euro, con un risparmio quindi di 653 euro.

Non grandi cifre, come si era anticipato ma, considerando che è una norma a regime e quindi applicabile ogni anno, un risparmio non da poco.

2.  Si applica anche ai sodalizi sportivi?

L’art. 1 della Legge 201/2011 stabilisce, al primo comma, che la disposizione si applica alle società di capitali e agli enti commerciali, quindi ne possono usufruire le S.r.l. e cooperative, e non gli enti non commerciali (quali le associazioni).

Sempre il medesimo comma stabilisce che la deduzione sopra illustrata si applica “ai fini della determinazione del reddito complessivo netto” e non del reddito di impresa, pertanto:

  •  prima si calcola il reddito di impresa, con metodi “ordinari” o con procedimenti speciali (quale quello stabilito dalla Legge 398/91)
  •  poi si determina il reddito imponibile fiscalmente, detraendo dal reddito di impresa eventuali perdite da esercizi precedenti e crediti d’imposta (fra i quali quello per A.C.E.).

Di conseguenza, in assenza di una specifica esclusione, l’agevolazione di cui ci stiamo occupando spetta anche alle S.s.d.r.l. e alle Cooperative sportive dilettantistiche, indipendentemente dal meccanismo di determinazione del loro reddito d’impresa (analitico o forfetario ex Legge 398/91).

Anzi, per esse il rapporto fra l’agevolazione derivante dall’A.C.E. e le imposte dovute può divenire particolarmente consistente, perché:

– la percentuale di redditività forfetaria stabilita dalla Legge 398/91 è modestissima (3%), e quindi le imposte dovute non sono mai rilevanti

– il fatto che sia gli utili, sia il capitale che le riserve di ogni tipo, non possano mai essere distribuiti ai soci, fa sì che in assenza di perdite il capitale proprio sia sempre crescente (anche se di norma non per grossi importi).

Per richiamare l’esempio fatto al punto precedente, se la Società in questione ha conseguito nel 2016 ricavi commerciali per 100.000 euro, il suo reddito d’impresa è di 3.000 euro: 2.375 euro di abbattimento quasi azzerano le imposte dovute!

3) La successione delle norme di riferimento

Passando ai necessari approfondimenti, in primo luogo va segnalato il peculiare meccanismo di “sostituzione” dell’ “originario” D.M. 14/3/2012 con il recentissimo D.M. 3/8/2017.

L’art. 1 della Legge 201/2011 all’ottavo comma prevedeva che “Le disposizioni di attuazione del presente articolo sono emanate con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Con lo stesso provvedimento possono essere stabilite disposizioni aventi finalità antielusiva specifica”.

Nel rispetto di tale disposizione è stato emanato il D.M. 14/3/2012.

Successivamente, essendo state apportate nel 2016 numerose modifiche ai principi di redazione del bilancio, si è reso necessario adeguare le disposizioni sull’A.C.E. ma, invece di intervenire sul D.M. del 2012:

– in data 3/8/2017 è stato emanato un nuovo D.M.

– è stato abrogato il D.M. del 14/3/2012

– sono fatti salvi i comportamenti tenuti, fino all’esercizio in corso al 26/8/2017 (data di entrata in vigore del nuovo D.M.), nel rispetto di quanto stabilito dal D.M. del 2012.

4) La determinazione dell’incremento del capitale proprio

Rinviando alle disposizioni di Legge, in realtà ben chiare e precise, per un puntuale esame delle molteplici casistiche, richiamiamo un poco più nel dettaglio gli elementi da tener presenti per la corretta individuazione dell’incremento del capitale proprio su cui va calcolata l’agevolazione, tenendo l’attenzione in particolar modo sulle società e cooperative sportive dilettantistiche.

In primo luogo, deve essere determinato l’incremento del capitale proprio rispetto a quello risultante al termine dell’esercizio in corso al 31/12/2010 (e quindi, per i soggetti con esercizio infrannuale, come è spesso il caso delle società sportive, dell’esercizio 2010/2011), senza tener conto dell’utile 2010 (o 2010/2011).

Se la società è stata costituita successivamente, tutto il capitale proprio, compreso il capitale sociale, è da considerare incremento (art. 5 dei D.M.).

Come detto, gli incrementi di capitale proprio sono costituiti dai conferimenti in danaro e dagli utili accantonati a riserva.

La legge e i D.M. contengono poi una serie di disposizioni essenzialmente antielusive, che riguardano le operazioni infragruppo e con soggetti esteri, l’acquisto di azioni proprie, acquisto e cessione di partecipazioni, acquisti e conferimenti di azienda, adeguamenti conseguenti al cambiamento dei principi contabili, che difficilmente troveranno applicazione per i sodalizi sportivi (e in tal caso dovrà ovviamente essere posta la massima attenzione).

Due elementi sono invece di sicuro interesse per le S.s.d.r.l. e cooperative sportive: il possesso di titoli e il concetto di riserve non disponibili.

Il primo è semplice: a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 26/8/2017 (quello in cui entrano in vigore le disposizioni del D.M. del 2017), dalla variazione in aumento del capitale proprio deve essere detratto l’incremento, sempre rispetto alla “situazione 2010 (o 2010/2011)”, delle consistenze di titoli e valori mobiliari posseduti.

In parole povere: se il capitale si è incrementato di 100, ma di essi 30 non sono direttamente utilizzati nella gestione ma sono stati investiti p.es. in obbligazioni, allora l’incremento rilevante ai fini A.C.E. sarà solo 70.

Il secondo invece richiede un approfondimento, perché l’art. 1, V comma, della Legge 201/2011 stabilisce che “Rilevano come variazioni in aumento i conferimenti in denaro nonché gli utili accantonati a riserva ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili”, e l’art. 5 di entrambi i D.M. stabilisce che “si considerano riserve di utili non disponibili le riserve … formate con utili realmente conseguiti che, per disposizioni di legge, sono o divengono non distribuibili”.

Ora, sappiamo che l’art. 90 della Legge 289/2002 stabilisce che “Nello statuto [delle società sportive] devono essere espressamente previsti: … che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli, associati, anche in forme indirette” e quindi gli utili debbono essere accantonati a riserve non distribuibili; tali riserve rientrano fra le “riserve non distribuibili per disposizioni di legge” di cui si parla a fini A.C.E.?

La risposta, fortunatamente negativa, viene dalla Relazione illustrativa al D.M. del 2017, nella quale si legge:

– “costituiscono riserve di utili non disponibili … quelle formate con utili realmente conseguiti che, per obbligo di legge, non sono distribuibili né utilizzabili ad altri fini (copertura delle perdite e aumenti gratuiti di capitale)

– “Al riguardo, è necessario chiarire che le riserve rilevate in bilancio rientrano nella categoria delle c.d. riserve disponibili ai fini A.C.E. nell’ipotesi in cui è consentito almeno uno dei predetti utilizzi”.

Poiché le riserve di utili non distribuibili ai soci da parte delle società sportive sono certamente utilizzabili a copertura perdite, esse sono considerate “disponibili ai fini ACE” e quindi concorrono a formare l’incremento del capitale proprio.

5) Il rendimento nozionale

Nulla di particolare deve essere detto relativamente al rendimento nozionale, se non che la percentuale stabilita dalla Legge è consistente e crescente per i primi sei anni, mentre diminuisce drasticamente per quelli successivi.

Riferendoci per semplicità agli esercizi coincidenti con l’anno solare, essa è infatti stabilita nel:

  •  3% per gli esercizi 2011, 2012 e 2013
  •  4% per il 2014
  •  4,5% per il 2015
  •  4,75% per il 2016

Mentre (salvo eventuali futuri “ripensamenti” legislativi) diviene:

  •  1,6% per il 2017
  •  1% per gli anni successivi.

6) L’utilizzo quale credito d’imposta IRAP

Abbiamo già scritto sopra che le società sportive che utilizzano il regime di cui alla Legge 398/91 potrebbero trovarsi ad avere una detrazione A.C.E. abbastanza consistente (per il meccanismo di indistribuibilità degli utili) a fronte di un reddito imponibile modesto (data la percentuale del 3% per determinare forfetariamente il reddito); è quindi possibile che la detrazione superi il reddito imponibile.

In tal caso la formulazione originaria dell’art. 1, IV comma, della Legge 201/2011 stabiliva che “La parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi”.

A partire dall’esercizio 2014 tale disposizione è stata integrata prevedendo che, in alternativa, “si può fruire di un credito d’imposta applicando alla suddetta eccedenza” l’aliquota ordinaria IRES, pari al 27,5% nel 2016. “Il credito d’imposta è utilizzato in diminuzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo”.

Tale disposizione è certamente interessante per le società sportive, che come potrebbero avere un modesto imponibile IRES, ben possono avere, in conseguenza soprattutto di spese per lavoro dipendente, una non trascurabile IRAP dovuta.

Un esempio numerico potrà essere utile.

a) ipotizziamo nel 2016 ricavi commerciali per 120.000 euro e un incremento del capitale proprio di  150.000 euro,

b) avremo 150.000 X 4,75% = 7.125 euro di rendimento nozionale, a fronte di 120.000 X 3% = 3.600 euro di imponibile IRES

c) l’eccedenza di rendimento nozionale rispetto all’imponibile IRES, pari a 3.525 euro, può essere trasformata in credito d’imposta, ottenendo 3.525 X 27,5% = 969 euro

d) tale credito d’imposta, ripartito in 5 rate, può essere detratto dall’IRAP dovuta per quell’anno e per i quattro successivi.

7) E per il passato?

E se gli anni passati avessimo trascurato questa agevolazione?

A norma dell’art. 2, comma 8 del D.P.R. 22/7/98 n. 322, “le dichiarazioni … possono essere integrate per correggere errori od omissioni, … non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del D.P.R. 29/9/1973, n. 600”, ovvero “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”.

E’ quindi possibile presentare, entro il 31 dicembre 2017, le dichiarazioni integrative relative a tutte le annualità nelle quali è stato in vigore l’A.C.E..

Diverse sono però le modalità di utilizzo del minor debito (o maggior credito) che risulterà da tali dichiarazioni; infatti a norma del successivo comma 8-bis dell’art. 2/600:

a) se l’integrativa per il 2015 viene presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione per il 2016, “l’eventuale credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalle dichiarazioni di cui al comma 8 può essere utilizzato in compensazione” subito dopo la presentazione dell’integrativa

b) “Nel caso in cui la dichiarazione oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, il credito di cui al periodo precedente può essere utilizzato in compensazione … per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa”: se le dichiarazioni integrative sono presentate nel 2017, i crediti che ne derivano potranno essere utilizzati in compensazione solo nel 2018. Tali crediti dovranno poi essere indicati nella dichiarazione dei redditi da presentare, nel 2018, relativamente all’anno 2017.

Nel caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, debbono ovviamente essere effettuati gli opportuni adattamenti.