Uscita dal “regime 398” e “decommercializzazione”: due questioni indipendenti

Una società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata, oltre ad avere la prima squadra iscritta alla lega nazionale serie A di pallavolo, ha anche tutto il settore giovanile con squadre di ragazzi di ogni età. Tutti i ragazzi vengono tesserati alla Fipav e ovviamente essendo una s.s.d. non sono associati direttamente alla società. La società fino alla stagione 2022/2023 (conclusasi il 30 giugno 2023) era in regime ex legge 398/1991 e ha applicato il regime di esclusione Iva per le quote annuali corrisposte da questi ragazzi (che non pagano singole lezioni ma appunto pagano un quota annuale di partecipazione al settore giovanile). Dal 1° luglio 2023 la società è uscita dal regime ex legge 398/1991 per superamento del limite dei ricavi commerciali. Si chiede quindi: 1. è corretto il regime di esclusione applicato sino al 30 giugno 2023? 2. per la stagione corrente andrà applicato il regime di esclusione ex articolo 4, di esenzione ex articolo 10 oppure di imponibilità Iva al 22 per cento?

Per quanto riguarda il primo quesito, ovvero la fuoriuscita dal “regime 398”, quanto scritto in esso è corretto se il supero del limite per la Legge 398 è avvenuto a giugno 2023.

Ci spieghiamo.

L’art. 2, secondo comma, della legge 398/91 stabilisce che “Nei confronti dei soggetti che hanno esercitato l’opzione di cui al comma 1 e che nel corso del periodo d’imposta hanno superato il limite di lire 360 milioni, cessano di applicarsi le disposizioni della presente legge con effetto dal mese successivo a quello in cui il limite è superato”.

Non si tiene quindi conto, come p.es. nel regime forfetario o in altri regimi agevolati, del totale dei ricavi dell’esercizio e si esce dal regime dall’esercizio successivo, ma si esce dal mese successivo a quello del supero.

Il secondo quesito ci fa invece sorgere il dubbio che ci sia un poco di confusione fra la legge 398/91 e altre disposizioni, le percorriamo quindi in ordine logico.

Punto di partenza sono l’art. 148 T.U.I.R. e l’art. 4 del d.p.r. 633/72 (citato nel quesito), in base ai quali, in estrema sintesi, i corrispettivi pagati da soci o tesserati per svolgere attività sportiva non sono per la società ricavi commerciali: non generano materia imponibile ai fini delle imposte dirette e sono fuori campo IVA.

Ciò premesso, per quanto invece riguarda i ricavi commerciali (pubblicità e sponsorizzazione, vendita biglietti, merchandising, ecc.), che sono imponibili sia ai fini delle imposte dirette che ai fini IVA, la legge 398 consente di determinare le imposte dirette dovute (IRES e IRAP) e l’IVA da versare con modalità forfetarie.

Pertanto la fuoriuscita dal regime 398 è assolutamente irrilevante ai fini dell’assoggettamento a IRES, IRAP e IVA delle quote pagate dai ragazzi: erano fuori prima e lo sono dopo.

Così correttamente inquadrata la questione, entrano in gioco altre due disposizioni (ripetiamo: assolutamente indipendenti dal “regime 398”), che riguardano proprio le quote pagate dai ragazzi:

– dal 1/7/2024 (salvo ulteriori proroghe dell’entrata in vigore di tale modifica) tali prestazioni non saranno più fuori campo IVA ex art. 4, bensì esenti ex art. 10, sempre del d.p.r. 633/72; non cambia nulla sotto il profilo sostanziale, dato che non c’era IVA prima e non ci sarà dopo, cambiano invece una serie di dettagli, che non ci pare opportuno ricordare in questa sede, perché esulano dal quesito e sono già stati analizzati in altri interventi su questa newsletter

– l’art. 36-bis del d.l. 75/2023 stabilisce che “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport … rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport … da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici … sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto”. Tale disposizione in qualche modo quindi “anticipa” la modifica che entrerà in vigore il 1/7/2024, ovvero che (sempre in grande sintesi e approssimazione) le prestazioni sportive sono esenti da IVA e indipendentemente dal fatto che chi usufruisce del servizio sia o meno tesserato. Nella stragrande maggioranza dei casi (compreso quello esposto nel quesito) ciò è però irrilevante, perché come illustrato tali corrispettivi sono attualmente collocati “a monte” fuori campo IVA, quindi che siano oggettivamente imponibili o esenti poco importa.