Obbligo di installazione del POS dal 1 luglio: per chi, per cosa, quali le sanzioni
Con l’anticipazione dell’entrata in vigore del sistema sanzionatorio diventa pienamente operante, dal 30 giugno, l’obbligo di accettazione dei pagamenti con carte di credito o di debito; dubbi, però, ne rimangono molti.
Due sono le disposizioni contenute nell’art. 18 del recente d.l. 36/2022 (c.d. “Decreto PNRR 2”), con effetto dal prossimo 1 luglio (anzi, uno dal 30/6 e uno dal 1/7, non chiedeteci il perché…), che riguardano da vicino i sodalizi sportivi: della prima (estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica) abbiamo parlato in questo articolo: Fatturazione elettronica per tutti, o quasi, la seconda riguarda l’entrata in vigore delle sanzioni per chi non accetta pagamenti con carte di credito e debito, che è stata anticipata dal 1/1/2023 al prossimo 30 giugno. A quest’ultima è dedicato questo articolo.
Le fonti normative
Dopo la modifica apportata appunto dall’art. 18 del Decreto PNRR 2, l’art. 15 del d.l. 179/2012 stabilisce ora quanto segue.
Al comma 4:
“A decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e una carta di credito; tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231” [normativa antiriciclaggio].
Al comma 4-bis:
“A decorrere dal 30 giugno 2022, nei casi di mancata accettazione di un pagamento, di qualsiasi importo, effettuato con una carta di pagamento di cui al comma 4, da parte di un soggetto obbligato ai sensi del citato comma 4, si applica nei confronti del medesimo soggetto la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l’accettazione del pagamento.
Per le sanzioni relative alle violazioni di cui al presente comma si applicano le procedure e i termini previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, a eccezione dell’articolo 16 in materia di pagamento in misura ridotta.
L’autorità competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17 della medesima legge n. 689 del 1981 è il prefetto della provincia nella quale è stata commessa la violazione. All’accertamento si provvede ai sensi dell’articolo 13, commi primo e quarto, della citata legge n. 689 del 1981“.
Il non facile inquadramento del perimetro dei soggetti obbligati …
La norma stabilisce l’obbligo riguarda “i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali” e, in attesa di chiarimenti ufficiali che ci auguriamo arrivino presto (riteniamo nella forma di FAQ, sistema che si è rivelato estremamente utile), non possiamo che tentare una interpretazione basandoci sul testo della norma e sulle finalità della stessa.
Partiamo da queste ultime.
a – Le finalità della norma
Il d.l. 179/2012 è rubricato “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, e al preambolo recita “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare ulteriori misure per favorire la crescita, lo sviluppo dell’economia e della cultura digitali, attuare politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali e promuovere l’alfabetizzazione informatica, nonché per dare impulso alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche, quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitività delle imprese”.
“Straordinaria necessità ed urgenza” è la formula di rito utilizzata per poter disciplinare la materia con decreto legge, dal momento che l’art. 77, II comma, della Costituzione Italiana stabilisce che “Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge …”.
Importanti sono invece le chiare motivazioni del provvedimento: “crescita … sviluppo dell’economia e della cultura digitali … incentivo alla domanda di servizi digitali … promuovere l’alfabetizzazione informatica … dare impulso alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche”; quindi, non un riferimento nemmeno indiretto a:
– antiriciclaggio, che anzi, come visto, viene richiamato solo per confermare che si tratta di una finalità tutelata da altre disposizioni, che continuano ad applicarsi perché questa normativa si occupa di altro
– lotta all’evasione o in generale alcun aspetto fiscale.
b – Il testo della norma
E allora, se non vi è alcun legame con l’aspetto fiscale, non ci aiuta la disciplina IVA, in particolare non possiamo richiamarne:
– l’art. 4, che recita “Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile”; non possiamo quindi, almeno per questa via, considerare rilevanti la tipologia dell’attività svolta (compresa o meno in quelle dell’art. 2195 c.c.), né il profilo dell’organizzazione specifica
– l’art. 5, che recita “Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo”; non sono quindi rilevanti i requisiti della professionalità e dell’abitualità.
Dobbiamo pertanto cercare altrove la spiegazione di cosa si intenda per “attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi”, e perché sia stata utilizzata tale terminologia e non semplicemente “soggetti che vendono prodotti e prestano servizi”; proviamo a dare una nostra interpretazione (come detto, in attesa di chiarimenti ufficiali).
Non vediamo altra strada che cercare aiuto dal codice civile, nel quale non troviamo una definizione di “attività”, ma svariati riferimenti all’ “attività economica”, in particolare all’art. 2082, che definisce la figura dell’imprenditore: “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
E allora in qualche modo rientra a nostro avviso dalla finestra un concetto che era uscito dalla porta, quello dell’organizzazione: si ha attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi quando le vendite o le prestazioni sono fornite da una organizzazione (non necessariamente collettiva).
Se questo è il discrimine, si ha, per fare qualche esempio:
– mera prestazione di servizi se vendo la mia automobile o una mia realizzazione artistica, o se tinteggio la casa di un amico o anche di un terzo, anche a pagamento
– “attività” se faccio l’artista e vendo le mie realizzazioni, se mi organizzo per tinteggiare non solo casa mia ma anche, e anche solo eventualmente, case di altri.
Ci rendiamo conto della scarsa precisione di tale classificazione, ma riteniamo si possa utilizzare ai fini che ci stiamo ponendo in questa sede e per i nostri lettori; fini che sono individuare, con la dovuta prudenza, l’ambito di applicazione di una disposizione la cui violazione non comporta sanzioni penali e nemmeno di particolare rilevanza; stiamo parlando di una multa da 30 euro, e possiamo risparmiarci di spaccare il capello in quattro…
c – Le conclusioni per le associazioni, sportive e non
Così inquadrata la questione, riteniamo che siano soggette all’obbligo tutte le associazioni che hanno anche solo una minima organizzazione per vendere prodotti o fornire servizi e quindi la stragrande maggioranza di esse, rimanendo escluse solo quelle che non vendono alcun prodotto e non forniscono alcun servizio (p.es. chi si limita esclusivamente a raccogliere fondi da inviare a soggetti bisognosi), e quelle che vendono prodotti o forniscono servizi in modo assolutamente saltuario e senza la minima organizzazione.
Conseguentemente sono soggette a tale obbligo in particolare tutte le associazioni e società sportive, dato che sono iscrivibili nel Registro CONI solo i sodalizi che “svolgano comprovata attività sportiva o didattica”, attività che salvo casi particolarissimi non può che essere in primo luogo la fornitura di servizi.
… e la più facile individuazione dei pagamenti interessati dalla norma
Più semplice ci sembra l’individuazione dei pagamenti a cui si riferisce la disposizione.
Ci pare infatti sufficientemente chiaro che la norma in esame non leghi i pagamenti all’attività di vendita o prestazione di servizi: “i soggetti che effettuano l’attività di vendita di … sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di pagamento”.
Se l’obbligo fosse limitato al pagamento dei corrispettivi per le cessioni o prestazioni, la disposizione lo avrebbe detto; nel silenzio (e in attesa di eventuali esclusioni che dovessero arrivare in futuro da fonti ufficiali) non possiamo che ritenere che riguardi tutti i pagamenti, esattamente come fa il ben noto art. 25, V comma, della legge 133/1999: “I pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo … sono eseguiti, se di importo pari o superiore a 1.000 euro, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire …”
Quindi, dal 30 giugno prossimo i sodalizi sportivi sono obbligati ad accettare mediante carte di credito o debito tutti i pagamenti, sia da soci che da non soci, sia per attività commerciale che non commerciale, sia di corrispettivi che di quote iniziali o annuali.
Quali modalità rispettano l’obbligo?
Le modifiche al citato comma 4 sono state decisamente numerose:
– la formulazione originaria stabiliva che i soggetti in questione “sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito”
– dal 1/1/2016 è divenuta “carte di debito e carte di credito”
– dal 27/10/2019 “carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e una carta di credito”
– due mesi dopo, dal 25/12/2019, è ritornata a essere “carte di debito e carte di credito”
– dal 1/1/2022 un altro ripensamento e quindi il testo attuale: “carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e una carta di credito”.
Pertanto l’obbligo è rispettato se il sodalizio si mette in condizione di accettare il pagamento con carta di debito, il “classico” POS per il Bancomat, e se quel POS consente il pagamento, oltre che col Bancomat, con almeno una carta di credito.
Quali sono le sanzioni e cosa colpiscono?
Come abbiamo visto, ciò che entra in vigore dal 30 giugno non è l’obbligo di installazione del POS, che è in vigore da anni, ma la sanzione per la mancata accettazione del pagamento a mezzo POS, che rende l’obbligo effettivamente operativo.
In primo luogo precisiamo che ciò che sarà sanzionato è la “mancata accettazione di un pagamento” e quindi non l’omessa installazione del POS, anche perché la sanzione fa riferimento al singolo pagamento: 30 euro più il 4% del pagamento rifiutato.
Non si applica la regola generale stabilita dall’art. 16 della legge 689/1981 della riduzione a un terzo nel caso di pagamento entro 60 giorni (ne è espressamente esclusa l’applicabilità).
Non c’è la sanzione accessoria della perdita del diritto al pagamento, quindi riteniamo che il pagamento rimanga comunque dovuto in altro modo.
Infine, non è chiaro cosa configuri l’esimente “tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica”, ovvero se valga solo per eventi straordinari (la classica interruzione dell’energia elettrica o del funzionamento della Rete per la trasmissione dei dati) o anche per situazioni particolari (p.es. impianto sportivo in zona non collegata a Internet né a linee telefoniche); riteniamo sia corretta la seconda ipotesi ma, come purtroppo siamo costretti spesso a scrivere, … attendiamo chiarimenti da una fonte ufficiale.