La fattura a una a.s.d. per l’utilizzo del campo sportivo

Una società di atletica, in regime agevolato 398, ha in gestione dal Comune il campo di calcio che a sua volta viene affittato a una a.s.d. per le partite di calcio e gli allenamenti. Gli importi andranno fatturati in regime di 398 o si applicano le regole ordinarie per l’IVA?

Dal testo del quesito pare che sia stata già fatta la scelta di considerare commerciale tale entrata.

Se così è, al di là di ogni altra considerazione sulla generale questione delle attività connesse e non connesse, che abbiamo affrontato più volte, l’affitto dell’impianto sportivo ad altra associazione sportiva è certamente attività connessa a quella sportiva e quindi rientra nel regime di cui alla legge 398/91.

Una conferma è proprio al punto 6.2 della Circolare 18/2018, quella che ha riproposto con grande risonanza (ma con pochi effetti pratici, a quanto ci risulta) la tesi delle attività connesse e non connesse. In tale punto si legge infatti “per quanto concerne il quesito posto con riferimento ai servizi di utilizzo dei campi da gioco, degli spogliatoi, degli armadietti e di altre strutture/beni dell’ente sportivo dilettantistico non lucrativo, si fa presente che, detti servizi possono considerarsi rientranti tra le attività connesse con gli scopi istituzionali dall’associazione o società sportiva dilettantistica non lucrativa, purché tali prestazioni siano strettamente finalizzate alla pratica sportiva così come delineata dai programmi dell’organismo affiliante“.

Per completezza affrontiamo anche la diversa problematica, “a monte” di quella della connessione o meno, se l’affitto di impianto sportivo in concessione ad altro sodalizio, affiliato alla medesima Federazione o Ente di promozione, sia o meno attività commerciale; questione, come detto sopra, che in questo caso specifico pare sia stata già risolta nel senso della commercialità.

Si tratta di una questione che si è posta nei primi anni di grande diffusione del calcetto.

Fino ad allora infatti era stato dato generalmente per scontato che la concessione di spazi fra sodalizi sportivi affiliati alla medesima Federazione o Ente di promozione, per lo svolgimento della loro attività istituzionale, rientrasse nella decommercializzazione stabilita dall’art. 148, III comma, del T.U.I.R., in quanto “attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali”; non fosse altro perché, nel caso di impianti pubblici (ed è l’ipotesi di gran lunga più frequente), spesso si tratta di un obbligo stabilito proprio dalla concessione.

Nei primi anni di grande diffusione del calcetto, stanti i non trascurabili margini di guadagno ritraibili dalla concessione dei campi per tale attività, sorsero svariate associazioni sportive, che gestivano impianti sportivi e la cui attività era in minima parte agonistica e in generale diretta, mentre tutto il resto era mera concessione di tali impianti, a ore, a terzi, in gran parte piccole associazioni sportive.

Veniva così di fatto svolta un’attività imprenditoriale, avvalendosi delle specifiche agevolazioni dettate per il settore dello sport dilettantistico.

In conseguenza di tali abusi, l’Agenzia delle Entrate asserì (e in tali casi, a nostro avviso, a ragione) che la mera concessione di spazi dietro corrispettivo, ancorché per lo svolgimento di attività sportiva, costituiva sempre e comunque attività commerciale.

Nel tempo però tale rigida posizione si è però pian piano ammorbidita, e nelle verifiche si vede abbastanza spesso che si entra nel merito dei singoli casi: se questa attività di “subaffitto” degli spazi è assolutamente secondaria, se è prevista dalla concessione, spesso la questione della commercialità non viene sollevata (anche perché, proprio perché di minima rilevanza ai fini dell’eventuale recupero di imposta).

Questa tendenza trova conferma proprio nella già citata Circolare 18/2018 che, in modo estremamente chiaro, così conclude il già citato punto 6.2: “Resta fermo che gli stessi servizi, qualora resi, alle predette condizioni, in favore degli associati o degli altri soggetti espressamente indicati dall’articolo 148, comma 3, del TUIR, potranno essere ricompresi nella previsione di decommercializzazione ai fini IRES recata da tale disposizione