Si può praticare la danza sportiva? Anche a coppie?
L’imminente inizio della stagione 2020/2021 richiede di fare il punto sulla situazione, in mezzo a mille dubbi e pochissime certezze … una delle quali, positiva e molto importante, proprio dell’ultima ora!
Premessa
Non è certo questa la sede per esprimere valutazioni o fornire indicazioni su come comportarsi nella c.d. Fase 3 dell’epidemia da Covid-19.
Tutti ne seguiamo le vicende, ognuno ha la sua opinione e decide sul comportamento da tenere sia nel lavoro che nella vita privata, nel rispetto delle disposizioni che non possono che essere spesso mere indicazioni, da tradurre in protocolli specifici caso per caso, a livello più alto dagli organismi competenti, e a livello più basso da ogni singolo datore di lavoro, imprenditore, professionista, società o associazione.
Ciò che ci proponiamo di fare in questo articolo è verificare se, sulla base delle disposizioni oggi in vigore, può essere praticata la danza sportiva; e se sì, a che condizioni.
Non certo se ciò sia consigliabile, opportuno, sicuro o pericoloso: non lo sa con certezza nemmeno chi fa le leggi e i regolamenti, non lo sappiamo certo nemmeno noi.
1. Cos’è la danza sportiva?
Stante fra l’altro la recente e ben nota a tutti “ordinanza discoteche”, si impone in primo luogo di individuare il confine fra danza sportiva e ballo in generale.
Sappiamo tutti che non esiste una chiara definizione di attività sportiva, soprattutto per quelle attività nelle quali il discrimine fra attività sportiva e mera attività fisico/ludico/motoria pare essere spesso più quantitativo che qualitativo: dal ciclismo alla pesca, dal nuoto appunto alla danza.
Né è possibile individuare criteri oggettivi e certi, validi per ogni disciplina. Nel caso specifico della danza riteniamo (precisando fin da subito che si tratta dell’impostazione che ci pare più logica e ragionevole, ma sulla quale ben potrebbe esserci chi non è d’accordo) che ci si possa basare sulle modalità organizzative di essa:
– è attività sportiva quando organizzata da Federazioni Sportive o Enti di Promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dalle società o associazioni a loro affiliate, nel rispetto dei loro regolamenti
– non è attività sportiva quando svolta da singoli o gruppi, fuori da tale organizzazione.
Ben sappiamo che esistono miriadi di casi-limite, di situazioni che con questa distinzione paiono collocate “dalla parte sbagliata”, ma non ne vediamo una migliore.
Sarà quindi danza sportiva:
– agonistica, ogni manifestazione competitiva organizzata dai soggetti indicati qui sopra, nonché ogni attività propedeutica a essa: allenamenti, prove, seminari e workshop di perfezionamento, e così via, alle quali partecipino soggetti tesserati come atleti agonisti, in possesso fra l’altro del certificato medico appunto per la pratica agonistica
– non agonistica, ogni manifestazione non competitiva (saggi, esibizioni, ecc.) e ogni attività nell’ambito della danza organizzata sempre dai soggetti indicati qui sopra (corsi, lezioni private e di gruppo, ecc.) alle quali partecipino soggetti tesserati come atleti non agonisti, in possesso del certificato medico per la pratica non agonistica.
Non sarà danza sportiva il ballo fatto fuori dai contesti indicati qui sopra.
Per affrontare subito alcuni dei possibili casi che abbiamo detto sembrare collocati “dalla parte sbagliata”, sarà quindi danza sportiva la prima lezione di un corso principianti presso una a.s.d. affiliata a un ente di promozione, non sarà danza sportiva l’esibizione di un ballerino campione del mondo in un festival non organizzato dai soggetti sopra individuati; sarà danza sportiva il saggio di fine anno dei bimbi tesserati per una a.s.d. in un teatro o una discoteca affittata per l’occasione e non aperta al pubblico, e non lo sarà l’allenamento di una coppia che partecipa a competizioni internazionali, se fatto nella pista di una sala da ballo chiusa per la citata “ordinanza discoteche”.
Così inquadrati, i confini dell’attività sportiva giustificano anche il trattamento “di favore” che essa riceve: la danza nell’ambito di attività organizzata da una a.s.d./s.s.d. è possibile, perché:
– si tratta di un organismo riconosciuto (e sorvegliato) da CONI e FIDS o comunque da Enti di promozione riconosciuti dal CONI, nel quale si praticano attività specificatamente elencate nelle discipline riconosciute come sportive dal CONI
– ha un responsabile tecnico tesserato, si è dotata di un protocollo Covid sottostando alle specifiche regole federali, le lezioni/i corsi/le sedute di allenamento sono diretti e costantemente sorvegliati da istruttori/tecnici
– è assai raro e comunque molto contenuto il consumo di alcolici e non si svolge in orari eccessivamente tardi (salvo casi rarissimi, le scuole chiudono quando le discoteche aprono…)
e soprattutto per definizione non c’è assembramento, che tutti sappiamo essere il pericolo più grande.
Come anticipato, non ci è parso possibile individuare un criterio migliore, questo daremo quindi per acquisito.
2. Le disposizioni statali
L’art. 1, I comma, lettera “g”, del D.P.C.M. 11/6/2020 stabilisce che
“a decorrere dal 25 giugno 2020 è consentito lo svolgimento anche degli sport di contatto nelle Regioni e Province Autonome che … abbiano preventivamente accertato la compatibilità delle suddette attività con l’andamento della situazione epidemiologica nei rispettivi territori, in conformità con le linee guida di cui alla lettera f per quanto compatibili”.
E la citata lettera “f” stabilisce che
“l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture ove si svolgono attività dirette al benessere dell’individuo attraverso l’esercizio fisico, sono consentite nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, in conformità con le linee guida emanate dall’Ufficio per lo Sport, sentita la Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI), fatti salvi gli ulteriori indirizzi operativi emanati dalle regioni e dalle province autonome”.
In sostanza, quindi, la pratica degli sport di contatto – e ci pare fuor di dubbio che la danza lo sia – è consentita, nel rispetto delle disposizioni regionali (ci pare superfluo esaminare anche le linee guida dell’Ufficio dello Sport, atteso che le normative regionali ne hanno ovviamente tenuto conto).
3. Le disposizioni regionali
In data 25/6/2020 la Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome ha approvato un documento di “Proposte per la ripresa degli sport di contatto e squadra“, che è stato inviato a tutte le Regioni.
Tale documento, oltre a richiamare le disposizioni e le raccomandazioni statali (adeguata informazione, norme igieniche, pulizia e disinfezione di aree comuni, efficienza del ricambio d’aria con particolare attenzione agli impianti di condizionamento, ecc.) stabilisce quanto segue:
“- l’accesso potrà avvenire solo in assenza di segni/sintomi … dovrà essere rilevata la temperatura corporea: in caso di temperatura > 37.5 °C non sarà consentito l’accesso”.
“- Il registro dei presenti … dovrà essere mantenuto per almeno 14 giorni”.
Ma soprattutto fissa le seguenti due disposizioni di carattere generale:
– “mantenimento della distanza interpersonale minima di almeno 1 metro in caso di assenza di attività fisica e, per tutti i momenti in cui la disciplina sportiva lo consente, di almeno 2 metri durante l’attività fisica, fatta eccezione per le attività di contatto previste in specifiche discipline”
– “per la declinazione rispetto alle specificità di ogni singola disciplina sportiva, si rimanda agli indirizzi approvati dalle rispettive federazioni”.
Le suddette indicazioni sono state recepite con minime differenze nei seguenti provvedimenti, talvolta con allegazione del documento della Conferenza o mero rinvio a esso:
- – Abruzzo: Allegato 1 all’Ordinanza 78 del 11/8/2020
- – Basilicata: Ordinanza 290 del 10/7/2020
- – Calabria: Ordinanza 53 del 2/7/2020
- – Campania: Allegato 2 all’Ordinanza 59 del 1/7/2020
- – Friuli Venezia Giulia: Ordinanza 20 del 30/6/2020
- – Lazio: Delibera Z/50 del 2/7/2020
- – Liguria: Ordinanza 40 del 25/6/2020
- – Lombardia: Allegato 1 alla Delibera 579 del 10/7/2020
- – Marche: Decreto 208 del 27/6/2020
- – Piemonte: Decreto 82 del 17/7/2020
- – Sardegna: Ordinanza 30 del 4/7/2020
- – Toscana: Allegato 2 alla Delibera 70 del 2/7/2020
- – Umbria: Ordinanza 37 del 6/7/2020
- – Valle d’Aosta: Ordinanza 293 del 16/7/2020
- – Veneto: Allegato 2 all’Ordinanza n. 63 del 26/6/2020
Diverse sono invece le Delibere di altre tre regioni.
Per la Sicilia, il Decreto dell’assessorato per il Turismo d’intesa con quello alla Salute n. 13 del 18/6/2020, in attuazione dell’ordinanza del governatore, si limita alle disposizioni sul rilevamento della temperatura e al registro degli ingressi, senza richiamare i regolamenti federali e senza disporre alcunché sul distanziamento.
Per la Puglia, l’Ordinanza 269 del 4/6/2020 è ancora meno limitante, non prevedendo nemmeno l’obbligo del registro degli ingressi.
L’Emilia Romagna, infine, ha emanato un provvedimento strutturato diversamente, il Decreto 148 del 17/7/2020, che è specifico per gli sport di contatto, nel quale si legge in premessa:
– “tenuto conto di come le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva, anche di sport di contatto, abbiano provveduto ad emanare protocolli al fine di prevenire o ridurre il rischio di diffusione del virus Sars-CoV-2 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che partecipano alle attività organizzate”
– e
“Considerato che le indicazioni contenute nei protocolli medesimi possono contribuire a ridurre il rischio associato anche a pratiche sportive svolte al di fuori di eventi organizzati”
e nella parte dispositiva:
– “a decorrere dal 18 luglio 2020 è permessa la pratica degli sport, anche di contatto, le cui Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate ed Enti di Promozione Sportiva abbiano provveduto ad emanare protocolli al fine di prevenire o ridurre il rischio di diffusione del virus Sars-CoV-2”:
il riferimento è esteso anche agli EPS e alle DSA
– “Per gli eventi organizzati è previsto il rispetto dei contenuti dei rispettivi protocolli ed è raccomandato alle società sportive di testare gli sportivi tesserati con test sierologico entro 72 ore dall’evento, comunicando le eventuali positività al dipartimento di sanità pubblica competente territorialmente per l’esecuzione del tampone ed invitando lo sportivo a mantenere l’isolamento fino al risultato del tampone medesimo. Si ritiene inoltre di raccomandare verifiche sierologiche periodiche”:
si aggiunge il test sierologico, che peraltro è “raccomandato” e non obbligatorio.
– e infine la possibilità di pratica di sport di contatto viene estesa anche al di fuori dall’ambito della a.s.d./s.s.d.:
“Per le pratiche sportive svolte al di fuori di eventi organizzati da non iscritti a società sportive, nell’esercizio della propria responsabilità personale e a tutela della propria salute, i non tesserati sono invitati ad attenersi alle disposizioni dei protocolli di cui al capoverso precedente, reperibili sui siti delle rispettive federazioni e sul sito del Coni https://www.coni.it/it/speciale-covid-19”.
4. Le disposizioni federali
Dopo le normative statale e regionali che appaiono sufficientemente chiare, passiamo all’esame delle disposizioni emanate dalla Federazione competente, la Federazione Italiana Danza Sportiva, che non sono di così immediata lettura.
In data 31/8/2020 è stata pubblicata sul sito della federazione la versione del Protocollo, estremamente approfondito, revisionato il 26/8/2020, nel quale sono dettagliatamente esposte gran parte delle indicazioni contenute nelle Linee Guida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché, per quanto qui ci interessa, le prescrizioni riguardanti il distanziamento, di cui si occupano i punti 6.2 e 6.2.1.
Pochi minuti prima della chiusura del presente articolo è poi stata pubblicata una ulteriore revisione del Protocollo, la n. 3 del 3/9/2020, che contiene una aggiunta estremamente importante.
E siccome la storia di queste revisioni è importante, ci pare estremamente utile darne conto.
4.1 – Le indicazioni sul sito, presenti fino a tre ore fa
Sul sito della Federazione, al link https://www.federdanza.it/news/57-la-federazione/1714-sport-di-contatto-la-danza-riparte-ecco-dove, come presentazione della versione n. 2 del Protocollo, era presente una serie di indicazioni che iniziavano con la seguente premessa (in grassetto sul sito):
“Il protocollo … è stato aggiornato includendo l’attività di allenamento delle discipline da contatto. La Federazione ha ritenuto opportuno specificare gli ambiti operativi entro i quali il protocollo deve essere scrupolosamente applicato e dove tale indirizzo sportivo non ha efficacia né legittimità attuativa”.
In attuazione di tale premessa, nel primo paragrafo che seguiva la Federazione pareva circoscrivere l’attività sportiva alla sola attività agonistica; si leggeva infatti:
“La prima e doverosa specifica da fare è distinguere chi svolge attività sportiva propriamente detta da chi svolge attività sociale di svago. I due ambiti sono assai diversi fra loro: i primi devono attenersi scrupolosamente al protocollo applicativo di sicurezza; i secondi, coloro i quali invece partecipano ad attività sociali puramente di svago e di divertimento, non considerabili nell’ambito sportivo, sono esclusi dalle linee guida del Ministero dello Sport e di conseguenza della FIDS”.
Proseguendo, però, la questione viveniva meglio chiarita perché, dopo aver affermato che
“L’attività sportiva è dunque circoscritta e ben identificata per gli atleti FIDS delle classi A, B, C (inclusa U e PD)”
si leggeva che
“Le linee guida contenute nel protocollo applicativo di sicurezza sono inoltre valide anche per i competitori di classe D (ai quali viene richiesto il possesso del certificato medico sportivo non agonistico, art. 11 del Regolamento dell’Attività Sportiva Federale), per lo svolgimento di attività ludico-ricreative finalizzate in modo specifico per l’avviamento allo sport”.
Il quadro che ne emergeva, con sufficiente chiarezza, era: è attività sportiva “in senso stretto” quella agonistica di alto livello, ma le linee guida sono valide anche per quella di livello più basso e per l’attività non competitiva finalizzata all’avviamento allo sport (i “competitori di Classe D” sono infatti [v. punto 3.3 del Regolamento Federale] “coloro che perseguono essenzialmente il piacere della danza, anche attraverso confronti con altri danzatori di bassa difficoltà tecnico-fisica; pertanto … l’impegno fisico richiesto da detta attività sportiva … non richiede la certificazione medica di idoneità alla pratica agonistica ma solamente il certificato medico di idoneità «non agonistica»”).
Assai importante era poi il paragrafo conclusivo, nel quale la FIDS chiariva che “le recentissime disposizioni governative varate con l’ordinanza del 16 agosto scorso – che all’art. 2 recita: “Sono sospese, all’aperto o al chiuso, le attività del ballo che abbiano luogo in discoteche, sale da ballo …” – non riguardano affatto la danza sportiva, la cui pratica non ha subito alcuna restrizione”.
4.2 – Le indicazioni attuali
Tre ore fa (dal momento in cui pubblichiamo il presente articolo – 3 settembre, ore 20) fa tale pagina è stata oscurata e al diverso indirizzo https://www.federdanza.it/news/57-la-federazione/1729-nuova-versione-del-protocollo-applicativo-di-sicurezza si legge:
“Il Comitato tecnico scientifico, recepite le richieste di chiarimento di alcuni soci, ha aggiornato il protocollo applicativo di sicurezza (versione del 3 settembre 2020) meglio specificando l’attività di avviamento allo sport (riferita ai tesserati del settore ludico-ricreativo, classe D)”.
Cosa è successo?
È successo che, come abbiamo visto sopra, Governo prima e Regioni poi hanno di fatto demandato alle Federazioni la regolamentazione dello sport di contatto, ma le Federazioni non hanno ovviamente la competenza specifica in ambito medico, la “visione d’insieme” del fenomeno Covid-19, né il potere di dare indirizzi in ambito di fatto sanitario, se non dialogando continuamente con gli organi che invece tali competenze e poteri hanno.
I protocolli federali sono quindi il frutto di un continuo (e in questi giorni assolutamente frenetico) dialogo con tali altri organi; in particolare Federdanza ha dovuto “fare i conti” anche con la già citata, recente e ben nota “ordinanza discoteche”, che ha dettato come sappiamo regole estremamente restrittive.
Di questo continuo e frenetico dialogo siamo stati parte anche noi di Fiscosport, perché per la stesura di questo articolo abbiamo più volte interpellato i vertici della Federazione (ci piace pensare che nella costruzione del Protocollo odierno un piccolissimo mattone l’abbiamo portato anche noi, facendo presenti alcune criticità delle versioni precedenti) e possiamo dare sinceramente conto del grande impegno che la Federazione ha messo nel cercare di coordinare le esigenze di salute pubblica con quelle di tutti gli operatori del settore.
Evidentemente, nelle ultime ore del dialogo, è stato possibile tradurre quelle che fino a ieri erano indicazioni di principio, scritte sul sito, in precise indicazioni inserite all’interno del Protocollo, acquisendo così ben maggiore importanza. A quel punto, le indicazioni di principio sono state ritenute superflue (o semplicemente verranno riscritte, e volendo uscire il prima possibile con il nuovo Protocollo, non c’era il tempo per farlo).
4.3 – Il Protocollo (versione attuale)
Chiarite le premesse su cui si è basato e l’iter per la sua formulazione attuale, passiamo all’esame del protocollo vero e proprio, versione n. 3, e in particolare del punto 6.2 di esso intitolato “Distanziamento nelle varie fasi dell’attività”, che è quello oggetto della importante modifica odierna, la cui lettura richiede in alcuni passaggi un certo sforzo di interpretazione.
Proponiamo quella che ci pare più corretta e ragionevole ma non possiamo purtroppo escludere interpretazioni diverse, sia più sia meno restrittive (anche se, nella versione attuale, molti dei dubbi iniziali sono stati risolti).
Esso, dopo aver stabilito che “quando non direttamente impegnati in allenamento” gli atleti debbono mantenere una distanza di “almeno 1 metro, preferibilmente 2” fra loro e gli altri operatori, detta separatemente le disposizioni per gli allenamenti nella “disciplina individuale” e nella “disciplina di contatto“.
A) Per la disciplina individuale, è stabilito il distanziamento di almeno un metro e l’obbligo di indossare la mascherina quando ciò non è possibile, precisando che ciò vale “al di fuori delle specifiche indicazioni previste per l’allenamento”, stabilendo che per esso devono essere “individuati i corretti distanziamenti” in base:
- – al diverso impegno metabolico e cardiovascolare,
- – alla possibile emissione di droplets anche in movimento
- – alla diffusione degli stessi tenendo conto inoltre se l’atleta indossi o meno un dispositivo di protezione.
B) Il Protocollo prosegue poi dettando le regole per le disciplina di contatto, stabilendo che “è consentito l’allenamento che prevede il contatto tra gli atleti della stessa unità competitiva (es. coppia, duo, etc.)” e che tale attività dovrà essere condotta nel rispetto di due condizioni.
a) La prima riguarda la “superficie minima garantita per ogni tipologia di unità competitiva (es. coppia, duo, ecc.)“, per la quale si fa riferimento all’art. 13 del Regolamento Federale, il quale stabilisce che devono essere rispettate le seguenti superfici minime:
- – 20 mq per l’unità duo di classe C/B
- – 30 mq per l’unità duo di classe A/AS/PD
- – 24 mq per l’unità coppia
- – una sola unità, per l’unità squadra
b) La seconda riguarda invece il distanziamento fra le unità competitive, e rinvia alle indicazioni del successivo punto 6.2.1.
Subito dopo tali prescrizioni, la versione n. 3 del Protocollo ha aggiunto il seguente periodo, importantissimo per le realtà non spiccatamente votate all’agonismo di alto livello:
“Per l’attività propriamente definita “amatoriale” o di avviamento allo sport … in deroga a quanto sopra previsto alla luce dei movimenti tecnici tipicamente stazionari, una superficie minima per unità competitiva coppia/duo di almeno 10 mq.“
Per quanto è nella nostra esperienza, è una integrazione che – soprattutto (ma non solo) per le realtà di dimensioni più contenute semplicemente, per quanto riguarda il numero massimo di atleti che possono allenarsi congiuntamente – nella pratica trasforma il “non si può fare lezione” in “si può fare lezione“: non possiamo che salutarla con grandissima soddisfazione.
C) Chiarita la situazione per quanto riguarda la presenza contemporanea di più coppie, si passa al citato punto 6.2.1 del Protocollo intitolato “Specifiche sull’organizzazione dell’allenamento” del quale ci pare opportuno quindi riportare il testo integrale:
“L’associazione/società sportiva, in coordinamento con il tecnico, può organizzare gli allenamenti in gruppi molto ristretti di individui. È compito del tecnico stabilire il numero massimo di atleti che contemporaneamente possono allenarsi nello spazio sportivo disponibile e lo farà in funzione delle seguenti variabili:
▪ dimensioni dell’area di allenamento;
▪ livello tecnico degli atleti;
▪ tipo di allenamento previsto;
▪ caratteristiche della specialità e necessità di movimento (velocità/spostamento) al fine di garantire il mantenimento dell’idonea distanza fra gli atleti.
Inoltre, il tecnico, nella programmazione della seduta di allenamento, farà particolare attenzione alla scelta delle attività, tenendo sempre in considerazione che per discipline dinamiche, l’incontro/scontro di traiettorie degli atleti è comunque possibile. In tali casi quindi, oltre le sopracitate variabili, occorre considerare la superficie di allenamento disponibile in relazione alle velocità e al consumo metabolico relativo alla specialità praticata”.
In assenza di qualsiasi altra indicazione, e nel rispetto degli spazi che debbono essere a disposizione di ogni coppia (10 mq per l’attività non agonistica di alto livello), ogni decisione è quindi demandata all’associazione “in coordinamento con il tecnico” il quale, tenuto conto dello spazio a disposizione, del livello dei praticanti e della tipologia di attività programmata, dovrà stabilire il numero massimo di persone che potranno partecipare, senza limitazioni di distanziamento di portata generale.
5. Conclusioni
Le disposizioni statali demandano alla Regioni la regolamentazione dello sport di contatto, senza dettare limiti.
Pressoché tutte le Regioni hanno ammesso la possibilità di praticare sport di contatto senza rispettare le norme sul distanziamento se ciò è consentito dalle linee guida – protocolli delle singole Federazioni.
La FIDS ha stabilito che “è consentito l’allenamento che prevede il contatto tra gli atleti della stessa unità competitiva (es. coppia. …)” stabilendo che in tal caso deve essere previsto un “numero massimo di unità competitive (duo, coppie, gruppi) che possono allenarsi contemporaneamente“, sulla base dello spazio a disposizione.
Per la determinazione di tale numero il Protocollo stabilisce in linea generale un minimo di mq a disposizione di ogni coppia, demandando alla singola associazione, in collaborazione con i propri tecnici, la fissazione del numero massimo di coppie ammesse per ogni specifica tipologia di allenamento “tenendo sempre in considerazione che per discipline dinamiche, l’incontro/scontro di traiettorie degli atleti è comunque possibile” sempre, ovviamente, nel rispetto del limite generale.