L’inquadramento del “nuoto libero”: più i dubbi che le certezze

Ci è stato chiesto se per una s.s.d. srl in regime 398 i ricavi conseguiti al pagamento del biglietto da parte di soggetti tesserati e non, per l’accesso alla pratica del nuoto libero, alle piscine interne ed esterne (estivo), incluso in estate l’utilizzo del lettino/sdraio, debbano considerarsi ricavi per attività istituzionale oppure commerciale “connessa” “non connessa”. Come dimostra l’articolo che segue, non esiste una risposta certa…

La questione del c.d. “nuoto libero”, argomento più ampio di quanto appaia a prima vista, solleva svariate questioni delicate.

Invece di tentare di dare una risposta certa, per alcune di esse impossibile, abbiamo preferito cercare di evidenziare le molteplici problematiche che essa presenta, presentando un articolo nel quale le domande saranno ben più delle risposte.

Perché? Perché se un percorso è avvolto nella nebbia raramente la decisione migliore è affrontarlo con incoscienza, come se la nebbia non esistesse, ma anche evitare di percorrerlo potrebbe non essere l’opzione migliore o potrebbe non essere praticabile, o, ancora, potrebbe far perdere buone occasioni; e allora il migliore aiuto che si possa dare è individuare quanto sia fitta questa nebbia e che pericoli possa celare, così che ciascuno possa poi scegliere con maggiore consapevolezza se e che rischi correre.

1. Cos’è il “nuoto libero”?

Come già anticipato, in tale termine sono ricomprese (e il caso esposto nel quesito da cui abbiamo tratto spunto lo evidenzia) più fattispecie decisamente diverse, dalla “più sportiva” alla “meno sportiva”; si può trattare infatti:

a) di atleti che si allenano con costanza, ancorché non seguiti da allenatori/istruttori, e partecipano a competizioni (generalmente master)

b) di atleti (spesso ex agonisti) che si allenano con costanza, sempre non seguiti da allenatori, senza però partecipare a competizioni

c) di appassionati che comunque si allenano con regolarità, non seguiti da allenatori, per passione o per acquisire o mantenere una buona condizione fisica

d) di soggetti che praticano il nuoto saltuariamente ma comunque in contesti e con modalità sportive (in primo luogo, suddivisione della vasca in corsie)

e) di soggetti che, soprattutto in estate e all’aperto, fanno più o meno attività in piscina, ma con modalità non sportive, e spesso nemmeno motorie …

Dov’è il confine fra attività sportiva e non sportiva?

Concettualmente la distinzione è chiara: se mi alleno faccio attività sportiva, se faccio il bagno no; la prima attività è decommercializzata, la seconda è commerciale.

I problemi sorgono nel momento in cui questa chiara distinzione concettuale deve essere tradotta in distinzioni e criteri oggettivi, riscontrabili dai verificatori e documentabili dai verificati.

Riterrei pacifico che non possiamo considerate sportivo quanto al punto “e” (e quindi non è sportivo l’accesso alla piscina esterna, non suddivisa in corsie, ancor più se comprensivo dell’utilizzo di lettini e sdraio), ma per quanto riguarda le altre ipotesi, una risposta certa riteniamo non esista.

Possiamo fare alcune osservazioni, che in realtà sono banali considerazioni di buon senso:

– la fattispecie sub “a”, forse più frequente di quanto si possa immaginare, ci pare difendibile abbastanza agevolmente: si tratta infatti di allenamento per una competizione certamente sportiva; il problema può essere tutt’al più il dimostrare che si sia in questa situazione in sede di eventuale verifica, dato che si tratta di atleti che spesso gareggiano a titolo personale e non specificamente come tesserati per la società nel cui impianto si allenano;

– nella pratica, ci risulta che spesso per prudenza venga considerata attività commerciale, specialmente da asd/ssd che a essa affiancano corsi per giovani e/o partecipazione a competizioni e/o campionati di pallanuoto, e che per essi costituisce quindi attività marginale;

– con una considerazione ancor più pratica, dato che raramente essa genera proventi di entità rilevante, poiché il carico fiscale in regime 398 è modesto (come sappiamo, attorno al 10%, fra IVA e IRES/IRAP del corrispettivo riscosso), vale la pena rischiare un accertamento fiscale per risparmiare importi poco rilevanti?

2.  Tesserati e non tesserati

Qui la risposta è facile:

– i corrispettivi corrisposti da non tesserati sono sempre commerciali, anche se per lo svolgimento di pratica sportiva

– se invece sono corrisposti da tesserati, la commercialità dipende dalle considerazioni svolte qui sopra.

Ma anche qui non mancano i dubbi.

In sede di tesseramento la federazione o ente di promozione, in base alle richiesta dell’atleta, attribuiscono delle qualifiche: generalmente (così fa la FIN) agonista, amatoriale o propaganda (che possono essere bimbi o adulti).

A questo punto, se il soggetto è tesserato per lo svolgimento di un’attività sportiva riconosciuta, che lo faccia pagando un singolo biglietto o partecipando a un corso fa differenza? la qualifica di “tesserato agonista” in qualche modo fa divenire sportiva anche l’attività svolta senza il controllo di allenatori, ovvero nelle piscine scoperte e non specificamente attrezzate per gli allenamenti? anche se l’agonista dopo essersi allenato si sdraia a prendere il sole per il resto della giornata?

3.  L’inquadramento degli assistenti bagnanti

La nota Circolare 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha esplicitamente dichiarato che per la valutazione dell’applicabilità o meno del regime dei “compensi sportivi” di cui all’art. 67 T.U.I.R. si deve  verificare, “sulla base delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni che attuano il riconoscimento della ASD/SSD, quali sono le attività necessarie per garantire l’avviamento e la promozione dello sport e le qualifiche dei soggetti che devono attuare tali attività” e ha proseguito citando, come esempio di soggetti che rispettano tali requisiti, “gli addetti al salvamento nelle piscine”.

Cosa accade se l’addetto al salvamento presta la propria opera nella piscina scoperta senza corsie e circondata da sdraio e lettini?

E, situazione ancor più delicata, cosa accade se l’addetto presta la propria opera in una piscina coperta, suddivisa in corsie, nella quale si pratica nuoto libero che per convinzione, prudenza o valutazione di convenienza consideriamo attività commerciale?

E, se proprio vogliamo farci del male, cosa accade se in una o più corsie si allena la squadra agonistica e nelle altre si pratica nuoto libero che abbiamo considerato commerciale?

È certo che la “commercialità” dell’attività svolta, inquadramento meramente fiscale, influenzi la “sportività” della prestazione dell’assistente bagnante, inquadramento fiscale ma con rilevanti conseguenze giuslavoristiche?

Non tentiamo nemmeno di rispondere ….

4.  Se commerciale, è attività connessa o meno?

Sulla questione della suddivisione delle attività commerciali in connesse e non connesse, enunciata con grande enfasi dalla Circolare 18/2018 dell’Agenzia delle Entrate che ha dichiarato solo le prime inquadrabili in “regime 398”, abbiamo già scritto [S. Andreani, Legge 398 solo per le attività connesse: e se ci fossimo preoccupati per (quasi) nulla?, sul punto di v. anche P. Sideri, Regime forfetario ex l. 398/1991 e attività commerciali “non connesse”: problematiche contabili– Prima Parte, in Newsletter Fiscosport n. 17/2018, e Seconda Parte, in Newsletter Fiscosport n. 18/2018] e a tali articoli rinviamo per un completo inquadramento della questione.

Ci limitiamo a un breve richiamo e a due segnalazioni.

Il richiamo è alle conseguenze di tale distinzione: dividere le attività commerciali in “connesse” e “non connesse”, le prime in regime 398 e le seconde in regime ordinario, significa:

– dover tenere non due distinte contabilità per l’attività istituzionale e quella commerciale, proprio il principale scopo semplificatorio della legge 398/91, ma addirittura tre: istituzionale, commerciale connessa e commerciale non connessa

– la necessità di suddividere in tali tre categorie tutti i costi promiscui (praticamente tutti i costi del sodalizio)

– e tutto ciò, con una probabile diminuzione del gettito per l’Erario, dato che l’attività commerciale non connessa più frequente, se si aderisce alla lettura “rigorosa” della Circolare, è quella di somministrazione di alimenti e bevande, che ha aliquota ridotta: invece di versarne il 50%, ne verrebbe fuori probabilmente un credito IVA.

La prima segnalazione è che se si sposa l’interpretazione più “rigorosa” di tale distinzione, ovvero che “l’attività connessa agli scopi istituzionali è quella che costituisce il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano l’ente sportivo dilettantistico senza scopo di lucro”, potrebbe non essere pacifico che il noleggio di lettini e sdraio sia il naturale completamento del nuoto, come la Circolare dichiara essere, esemplificando, “la somministrazione di alimenti e bevande effettuata nel contesto dello svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica, la vendita di materiali sportivi, di gadget pubblicitari, le sponsorizzazioni, le cene sociali, le lotterie”: si tratta di fattispecie che dal noleggio dei lettini appaiono abbastanza distanti.

La seconda è che forse del tutto tranquilli non siamo nemmeno se si sposa la tesi più “ragionevole” alla quale aderiamo noi di Fiscosport (cfr. articolo citato sopra), ovvero che, in estrema semplificazione, si tratta di attività non connessa solo se “svolta con l’impiego di strutture e mezzi organizzati per fini di concorrenzialità sul mercato” ovvero in “locali specificatamente attrezzati secondo gli standard concorrenziali di mercato”. Una piscina scoperta, non divisa e magari non divisibile in corsie, e magari non rettangolare, attrezzata con lettini e sdraio, campo da beach volley (attività sportiva, ma non praticata certo con finalità agonistiche o di preparazione agonistica, e ancor meno sotto la guida di un allenatore) e magari qualche camion di sabbia di riporto, è “connessa” all’attività sportiva?

L’esempio è volutamente estremizzato ma non ci riesce proprio facile dare una risposta positiva …

5.  E se la soluzione di tutta la problematica di inquadramento fossero le regole del Registro CONI 2.0?

Uno degli argomenti più “caldi” di questi giorni sono le nuove e articolate regole stabilite per l’iscrizione nel Registro CONI, argomento che intendiamo trattare in modo approfondito nella prossima newsletter e che quindi non affrontiamo dettagliatamente ora.

Ma anticipiamo che, come gran parte dei sodalizi sportivi già sa, per poter accedere al Registro bisognerà dimostrare di svolgere attività didattica, formativa o (e?) sportiva, quest’ultima da intendersi, probabilmente, come attività agonistica.

Ma se così è, allora l’inquadramento del nuoto libero diviene decisamente più semplice:

– non è certo attività didattica né formativa

– potrebbe forse essere sportiva se in essa comprendiamo oltre all’agonistica anche quella preparatoria all’attività agonistica, ma anche se così fosse, dell’elenco fatto al precedente punto 1 qualche dubbio rimane solo per la fattispecie illustrata al punto “a”: le altre certamente sportive non sono.

[Pubblicato su Fiscosport.it]