Qual è il giusto rapporto soci – tesserati?
Una a.s.d. di football americano appena costituita è composta da 10 soci, e si prevede la presenza di circa 80 tesserati che non intendono associarsi: si chiede come comportarsi per essere in regola.
Non esiste un numero minimo di soci per una a.s.d., ed è assolutamente legittimo che vi siano tesserati che non sono anche soci (e anzi quest’ultimo è, secondo la migliore dottrina, l’inquadramento corretto per chi vuole partecipare alle attività sportive ma non alla vita associativa).
Non escludiamo che la consistente sproporzione fra soci e tesserati possa essere considerata in sede di verifica fiscale un indizio dello svolgimento di attività commerciale, ma in assenza di altri elementi che facciano presumere una attività commerciale gestita sotto mentite spoglie, non potrà assolutamente dar luogo a contestazioni.
Ciò, ovviamente, se saranno rispettati sia nella forma sia soprattutto nella sostanza i requisiti per poter fruire delle agevolazioni fiscali, in primo luogo la democraticità, la regolare convocazione delle assemblee e il coinvolgimento di tutti i soci, oltre che le norme statutarie sull’ingresso e uscita degli stessi (e dando qui per scontato che siano stati adempiuti gli altri oneri in capo alla a.s.d., quali la presentazione del Mod. EAS, ecc…).
Infine, ricordiamo che qualora vi siano quote pagate da non soci per partecipare all’attività dell’associazione, è necessario il loro puntuale tesseramento per poter fruire della decommercializzazione di cui all’art. 148 del T.U.I.R.
[Articolo tratto da Fiscosport.it]